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Se l'economista rosso condanna l'invasione

Se l'economista rosso condanna l'invasione

Attilio Fontana, dicendo che l'immigrazione senza freno mette a rischio la razza bianca non ha espresso un concetto «razzista» bensì una tesi di sinistra o per meglio chiarire della sinistra liberale, condiviso da chi crede nel liberalismo sociale nel cui epicentro non ci sono gli individui anonimi, ma le persone umane, con le loro tradizioni e la loro identità culturale. La tesi in questione è espressa con chiare parole dal grande economista Lord Robert Skidelsky, nel saggio breve Inconvenient Truths About Migration (Verità non convenzionali sull'immigrazione) edito il 29 novembre scorso nella nota nella rivista online Social Europe. Sidelsky, che è stato fatto Lord in riconoscimento ai contributi al pensiero economico e che attualmente sostiene le tesi laburiste di Corbin, scrive che i liberisti, non comprendendo l'attaccamento della gente alla propria comunità, bollano erroneamente la sua ostilità all'immigrazione incontrollata come irrazionale o razzista.

L'ottimismo dei liberisti sulla facilità di integrazione degli immigrati - osserva - deriva dalla stessa fonte: se la società non è altro che una collezione di individui, l'integrazione è un non-problema. Certo, gli immigrati non devono abbandonare completamente le loro tradizioni: ma c'è «questa cosa che è la società» e se essi non fanno uno sforzo per unirvisi, i cittadini che ne sono nativi, troveranno difficile considerarli parte della «comunità che immaginano». Secondo Skidelski un flusso troppo rapido di immigranti indebolisce i legami di solidarietà e nel lungo periodo erode i vincoli affettivi che si richiedono per lo «stato del benessere». Perciò un liberalismo realistico deve battersi per una comunità abbastanza ampia per includere gente con diverse fondamenta, senza diventare così ampia da esser senza significato. Sidelsky critica quegli economisti liberisti che considerano le frontiere nazionali come un ostacolo irrazionale alla integrazione globale.

Lord Sidelsky ragiona dall'angolo visuale nazionale. Ma accanto all'identità nazionale noi abbiano quella europea e della civiltà occidentale, che Fontana con semplicismo ha definito «la razza bianca», espressione impropria, il cui senso non può esser negato giocando sulle parole. Si tratta dei valori che, come dice Sidelsky, sono a rischio quando si sostiene una immigrazione invasiva, che erode le radici della comunità. Ed è sbagliato, come lui afferma, nascondere questa verità per timore di esser chiamati «razzisti».

La sinistra snob tipo Renzi e tipo Gori, che va a Cernobbio, definisce razzisti i Fontana, forse non si rende conto che i problemi sorgono soprattutto nelle periferie delle città, nei piccoli comuni ove vive la gente umile, perché gli immigrati che arrivano senza freno vanno a finire là; ed è là che si pone il problema, che è umano, prima che economico, della disintegrazione. Di Maio, pentastellato, ci scherza sopra, perché recita la parte, non sua, di aspirante premier.

Però il commissario europeo Moscovici che definisce inammissibile «razzismo» la preoccupazione dei Fontana dovrebbe sapere che l'Europa ha bisogno di salvaguardare i suoi valori comuni se non vuole essere travolta dal populismo irrazionale.

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