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Se il marito va in pensione a deprimersi è la moglie

Quando lui lascia l'ufficio, lei inizia a soffrire di ansia, insonnia ed emicrania. Il disturbo, esploso in Giappone, è arrivato in Italia

Nel film Fantozzi va in pensione Pina, moglie del rag. Ugo, esasperata dalla presenza ingombrante e nullafacente del coniuge ormai a riposo, fa «assumere» la merdaccia da un suo conoscente; il quale, però, mette subito le cose in chiaro: «Va bene, ma non gli dò una lira». La signora Fantozzi non si scoraggia, anzi rilancia: «Ogni fine mese le consegnerò, di tasca mia, 500 mila lire che lei darà a mio marito, facendogli credere che si tratta della sua busta paga. Così Ugo si sentirà meno fallito, e potrò tornare finalmente a sbrigare le faccende di casa senza averlo sempre tra i piedi».

La signora Pina non poteva immaginarlo, ma era affetta dalla cosiddetta «Sindrome del marito pensionato»: una «patologia» che - assicurano serissimi sondaggi scientifici - colpisce sempre più donne.

Ma com'è questo fatto? Il marito va in pensione, però a stare male è la moglie? Parrebbe proprio di sì, almeno a dar credito allo studio curato da due illustri ricercatori dell'università di Padova, Marco Bertoni e Giorgio Brunello, i quali hanno utilizzato dati forniti da un'indagine che ogni anno viene ripetuta in Giappone, «paese dove questa sindrome è molto sentita». Passi pure per il Giappone; ma che in Italia le mogli dei pensionati si «ammalino» perché il marito non va più in ufficio, risulta decisamente un dato clamoroso.

Eppure i sintomi sono lì a «dimostrare» che l'«emergenza» è reale: «Si va dall'ansia all'insonnia, dal mal di testa fino anche alla depressione», spiegano i medici.

Nessuno dice però che quasi tutte le donne soffrono di ansia, insonnia, emicrania e depressione anche quando il marito lavora regolarmente... Anzi, se il poveruomo un giorno torna tardi la sera perché ha fatto gli straordinari, ecco che lei è subito pronta a rompergli ulteriormente le scatole con frasi del tipo: «Pensi solo al lavoro... ricordati che hai anche una famiglia... non puoi trascurarci così!».

Poi il tapino conquista finalmente l'agognata pensione, può dedicare tutto il tempo necessario alla famiglia. E che succede? La mogliettina va in fibrillazione perché lui diventa «troppo presente in casa».

E allora ditelo - donne impossibili - che non vi sta bene mai nulla.

Certo, i professori Bertoni e Brunello non possono esprimersi in questi termini, ma sospettiamo che - sotto sotto - la pensino come noi. Tuttavia, per ragioni di decoro professionale, devono salvare le apparenze. E quindi ecco che la loro disamina della «sindrome» si fa più tecnica: «Il pensionamento del marito può provocare gravi effetti sulla salute della moglie, col rischio di scombussolare il delicato equilibrio di coppia che si è retto finché lui andava ogni mattino in ufficio per rincasare alla sera».

Il periodo della pensione non è privo di stress per chi lo vive in prima persona, per chi per una vita si è recato ogni mattino sul luogo di lavoro ed ha prestato diligentemente il suo servizio. Meno intuitivo è il fatto che a risentire del pensionamento sia non solo colui che va in quiescenza, ma anche il coniuge.

Gli esperti hanno indagato il problema e, per verificare che vi fosse un vero e proprio meccanismo di causa-effetto tra il pensionamento del marito e la sindrome nella donna, sono andati a valutare gli eventuali effetti di una riforma del sistema pensionistico nipponico. Hanno così stimato che per ogni anno di pensione in più per il marito, il rischio per la salute mentale della moglie - e cioè di soffrire della sindrome - sale di 5,8-13,7 punti percentuali.

Il problema - spiegano i ricercatori - è acuito se anche lei lavora, perché in questo caso al peso del marito in casa con tutte le sue richieste, si aggiunge la scarsità del tempo a disposizione per lei e il menage familiare».

Una possibile soluzione? Ignorarsi reciprocamente.

A prescindere dal lavoro o dalla pensione.

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