Cronache

"Ma se le medicine costano troppo ci vuole il coraggio di dire no"

Per De Rita, presidente del Censis, il servizio sanitario non deve acquistare dosi da 50-60mila euro. Solo così si garantisce la salute a tutti

"Ma se le medicine costano troppo ci vuole il coraggio di dire no"

L'arrivo di farmaci di nuova generazione molto efficaci ma ad altissimo prezzo pone interrogativi che vanno oltre la politica sanitaria. Quanto valgono una vita, una persona, una terapia? Vale di più l'esistenza di un singolo o l'esigenza di una gestione razionale del sistema a beneficio di tutti? «Farmaci che vanno a colpire una singola mutazione genetica scrive il professor Giuseppe De Rita introducendo il Rapporto presentato ieri , che sono quindi funzionanti solo ad un singolo percorso di cura; che non possono puntare sulla universalizzazione dei trattamenti; e che di conseguenza devono trasferire il proprio costo a un singolo paziente, con un costo evidentemente altissimo».

Chi può farsi carico di queste spese? Già oggi il costo sociale per il malato e l'operatore sanitario è di 41mila euro l'anno. Un farmaco innovativo vale sui 50-60mila euro. Cifre insostenibili tanto per le famiglie quanto per il sistema sanitario. «E che facciamo? si chiede De Rita -. Sballiamo bilanci privati e pubblici, oppure lasciamo il malato senza speranza di prolungare significativamente i suoi anni di vita?».

Per il presidente del Censis, «quel che sta avvenendo non è altro che l'esasperazione di una costante tendenza alla personalizzazione delle cure; alla responsabilità dei singoli sul proprio corpo e sulla propria salute; alla soggettività nei comportamenti e nelle scelte sanitarie». Una «farmacologia individualizzata». L'«esasperazione soggettivistica della cura» e il «pericolo di un blocco finanziario» a essa ripropongono la domanda sul valore della vita. La quale non ha prezzo.

Ma De Rita fa notare che «un servizio sanitario il quale dichiara di non potersi far carico di un farmaco pur costosissimo e personalizzato obbedisce in fondo al suo mandato istituzionale, quella della universalizzazione della cura». E nei fatti esprime un profondo valore sociale, cioè la fedeltà al principio di una sanità per tutti, che non è secondo rispetto ai bisogni dei singoli malati.

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