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Il governo cambia ancora: ecco la nuova riscossione. Cartelle cancellate in 5 anni

Secondo la bozza del decreto se l'ente non riscuote per colpa o per errore, il debito si estingue senza sanzioni per i funzionari. Ci sarà più tempo per rateizzare i debiti ma è giallo sulla prima casa

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Riscossione, si cambia: nuove cartelle addio in cinque anni. La scomparsa di Equitalia non è servita a riequilibrare il rapporto tra Stato e contribuente, tanto che in questi giorni tante imprese stanno ricevendo l'intimazione ultimativa del Fisco a restituire entro 30 giorni i contributi a fondo perduto del decreto Rilancio 2020 e (in linea teorica) indebitamente percepiti perché destinatari di altre agevolazioni. Il nuovo Istituto della riscossione che ha in mente il governo abbassa le sanzioni e riscrive le regole sulle cartelle, destinate a sparire nel giro di pochi anni, come aveva promesso il viceministro dell'Economia Maurizio Leo (nella foto) anche se il decreto legislativo, bollinato ieri, merita qualche riflessione e qualche cambiamento in Parlamento.

Dal prossimo 1 gennaio 2025 le cartelle sui debiti con l'Erario maturati a partire da questa data (non quelli precedenti) dureranno al massimo cinque anni poi saranno cancellate. Il «discarico automatico» è stato inserito nel testo del decreto legislativo che il Giornale ha potuto consultare. Alla fine di questi anni, se l'ente riscossore (Entrate, Comuni, Viminale per le multe legate al codice della strada, eccetera) non sarà stato in grado di incassare queste cifre, col debito verranno sospese tutte le procedure esecutive. Cosa succederà in alternativa? Le ipotesi sono tre: per i due anni successivi il soggetto che aveva in pancia le cartelle può decidere di gestire in proprio (e a suo rischio) la riscossione coattiva delle somme discaricate. Oppure può affidarla in concessione a soggetti privati mediante gara pubblica. O ancora, in alternativa, riaffidarla alla Riscossione delle Entrate «ma solo se nel frattempo l'ente creditore ha nuovi indizi per riscuotere le somme», spiega un professionista. Chi è senza bene o reddito ed evade in maniera incallita e senza scrupoli la fa franca; mentre «la legge non dispone sanzioni per i responsabili del mancato incasso anche in caso di ritardo o errori» è la critica del commercialista romano Gianluca Timpone all'articolo sei comma 10. Invece «il contribuente impegnato nella Rottamazione che dimentica qualche rata viene immediatamente aggredito senza alcuna attenuante e penalizzato», conclude Timpone.

L'inefficacia della riscossione ha portato a un magazzino carico di crediti per 1,2 miliardi di euro dei quali solo il 6% è teoricamente esigibile, tanto che verrà istituita una commissione per cercare di recuperare il possibile. «Una lentezza che è stata tra i principali fattori di perdita dei crediti erariali datati e deteriorati - spiega il professionista milanese Francesco Zappia - come le imprese che avevano dichiarato fallimento senza aver versato le imposte, nelle more delle procedure di iscrizione a ruolo e successiva notifica nei termini degli atti di riscossione». Nei giorni scorsi, tanto per fare un esempio, un Comune del milanese ha convinto il tribunale a far fallire con la liquidazione giudiziale Rg 193/2024 un'azienda che non aveva pagato l'Imu, senza che avesse debiti e nonostante la rateizzazione dell'imposta, come sottolinea al Giornale l'avvocato Claudio Defilippi, che farà ricorso.

«Il richiamo ai cinque anni è in linea con una corposa giurisprudenza di legittimità rispetto ai canonici 10 anni (vedi la Cassazione n° 8.713 del 2022 e 1.692 del 2024 su Irpef, Ires, Irap ed Iva «laddove manchi un'espressa disposizione di legge in senso contrario»), sottolinea ancora Zappia, che denuncia la necessità che il limite si allinei «con l'azione di autotutela obbligatoria (articolo 10-quater dello Statuto del Contribuente) se l'atto è viziato da errore di persona o calcolo». Cambia anche il sistema di rateizzazione. Dal 2031 per i debiti inferiori o pari a 120mila euro, si sale dalle attuali 72 rate a 120 rate mensili, con precisi paletti, solo se è documentata con Isee la «temporanea situazione di obiettiva difficoltà».

C'è anche qualche ombra. Oggi la Riscossione non può pignorare la prima casa (a meno che non sia di lusso). In teoria un ente privato a cui dovesse essere assegnata la cartella potrebbe farlo, dato che nella bozza non sembra specificato diversamente.

Una riflessione che il Parlamento dovrà affrontare.

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