Cronache

Sedata e gettata dal ponte La triste fine di Ludovica

Francavilla, nell'auto del manager che ha ucciso moglie e figlia cocaina e una siringa

Sedata e gettata dal ponte La triste fine di Ludovica

Sono i particolari che definiscono i contorni dell'orrore. E ogni tassello è un brivido di follia e crudeltà. Fausto Filippone aveva pensato a tutto. Il suo disperato piano era lucido e organizzato nel dettaglio. Quella mattina di domenica 20 maggio, il manager con la camicia ben infilata nei pantaloni color sabbia, rimasto miseramente aggrappato al cavalcavia per sette ore, con l'odore del rimorso addosso, aveva pianificato tutto: aveva sedato la sua bambina Ludovica prima di gettarla via. Giù dal viadotto dell'autostrada, a dieci anni, tra Pescara Ovest e Francavilla. Le analisi tossicologiche nel corpo della piccola hanno evidenziato un alto tasso di benzodiazepine. L'uomo che era sempre sembrato a tutti equilibrato e ragionevole era andato a prenderla dal nonno e l'aveva caricata in macchina come se niente fosse. Probabilmente la piccola aveva chiesto dove fosse la mamma. Lui che deve avergli parlato di una sorpresa. E invece Marina Angrilli, la mamma di Ludovica, era già nel cortile della loro seconda casa di Chieti, quella che affittavano agli studenti con il suo corpo ormai senza vita a terra. Il marito probabilmente con una scusa di farsi un selfie insieme, l'aveva spinta a uscire sul balcone e poi giù. Un volo dal secondo piano. Nella testa del padre, alla loro figlioletta sarebbe toccata la stessa terribile sorte, subito dopo la madre. E così è stato. Nella sua Bmw gli inquirenti hanno ritrovato un bicchiere di plastica con cinquanta grammi di una polvere biancastra che ad una prima analisi è risultato contenere cocaina (mischiata a un altro prodotto) e una siringa usata, al cui interno erano presenti ancora un paio di gocce. La figlia sedata, la moglie Marina no, come un ultimo atto di clemenza nei confronti della sua piccola vittima. L'uomo dall'aspetto per bene che quel giorno ha sconvolto l'Italia, «senza problemi psichici» ha distrutto la sua amata famiglia in modo lucido e calcolato. Il manager era rimasto colpito dal suicidio di un amico: glielo aveva comunicato due mesi fa una comune compagna di liceo. La frase «la mia vita è finita quindici mesi fa», raccolta sul viadotto dallo psichiatra Massimo Di Giannantonio, andrebbe però riferita alla rapida morte della madre di Filippone, affetta da un forma aggressiva di Alzheimer e morta ad agosto. La squadra mobile ha ascoltato il personal trainer dell'uomo e avrebbe scoperto che da settimane appariva incupito: «Speso abbandonava gli esercizi per rispondere al telefonino o inviare messaggi».

A casa intanto resta il vuoto e l'assenza.

A Pescara i funerali sono stati strazianti, i compagni di classe e la maestra, hanno lasciato pensieri e messaggi, «Ciao Ludo», «Buon vento», e le due famiglie che si sono abbracciate, ritrovate sconvolte e sole davanti a questo incomprensibile terrificante orrore che un giorno qualunque è arrivato e ha portato via tutto.

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