Lettere d'amore

Sei il mio miele e vorrei essere un martire per te

Da due secoli le sue parole a Fanny sono un riferimento per gli innamorati

Sei il mio miele e vorrei essere un martire per te

Mia cara ragazza, in questo momento mi sono messo a copiare dei bei versi. Non riesco a proseguire con una certa soddisfazione. Ti devo dunque scrivere una riga o due per vedere se questo mi concede di escluderti dalla mia mente anche per un breve momento. Dentro la mia anima non so pensare a null'altro. Tempo fa avevo la forza di ammonirti contro la poco promettente mattina della mia vita. Il mio amore mi ha reso egoistico. Non posso esistere senza di te. Scorderei tutto pur di vederti ancora. La mia vita sembra fermarsi qui, non vedo oltre. Mi hai assorbito. In questo preciso momento ho la sensazione di essermi dissolto. Sarei profondamente infelice senza la speranza di vederti presto. Sarei spaventato di dovermi allontanare da te. Mia dolce Fanny, cambierà mai il tuo cuore? Il mio amore cambierà? Ora il mio amore è senza limiti... Il tuo biglietto è arrivato proprio qui. Non posso essere felice lontano da te. È più ricco di una nave di perle. Non mi trattare male neanche per scherzo. Mi sono meravigliato che gli uomini possano morire martiri per la loro religione. Ho avuto un brivido. Ora non rabbrividisco più. Potrei essere un martire per la mia religione - la mia religione è l'amore - potrei morire per questo. Potrei morire per te. Il mio credo è l'amore e tu sei il mio unico dogma. Mi hai incantato con un potere al quale non posso resistere; eppure potevo resistere fino a quando ti vidi; e perfino dopo averti visto ho tentato spesso «di ragionare contro le ragioni del mio amore». Non posso più farlo. Il dolore sarebbe troppo grande. Il mio amore è egoista. Non posso respirare senza di te.

Tuo per sempre

John Keats

College Street, 13 ottobre 1819

Mia dolce fanciulla, la tua lettera mi ha procurato una gioia quale niente al mondo all'infuori di te può darmi; sono in verità quasi stupito che una persona possa avere tanto potere su di me. Anche quando non penso a te, subisco il tuo influsso, e una natura più dolce mi pervade. Tutti i miei pensieri, le mie giornate, e le mie notti più infelici non mi hanno guarito, io penso, dal mio amore per la bellezza; lo hanno anzi reso così intenso da rendermi infelice per non averti con me, o piuttosto per dover respirare in questa tediosa pazienza che non può dirsi vita. Mai prima d'ora conobbi che cosa fosse un amore quale quello che tu mi hai fatto provare: non ci credevo, la mia immaginazione ne aveva paura, temevo potesse bruciarmi completamente. Ma se mi amerai davvero, anche se vi potrà essere un po' di fuoco, non sarà più di quanto si possa sopportare quando si è bagnati e irrorati dal piacere. Ricordi «l'orribile gente», e mi domandi se dipende da loro che io ti riveda. Cerca di capirmi, amor mio! Ti ho tanto a cuore che devo mutarmi in mentore quando vedo la possibilità che ti accada qualche male. Non vorrei leggere altro che piacere nei tuoi occhi, amore sulle tue labbra, gioia nei tuoi passi... desidererei vederti tra svaghi conformi alle tue inclinazioni e al tuo spirito, in modo che il nostro amore fosse una gioia in mezzo a piaceri piuttosto gradevoli, anzi che una fonte d'inquietudini e preoccupazioni. Ma dubito molto – nell'evenienza del peggio – di saper essere tanto filosofo da seguire la mia stessa dottrina. Se ti vedessi soffrire per la mia decisione, vi rinuncerei. Perché non dovrei parlare della tua bellezza, dato che senza di quella non avrei potuto amarti? Non posso concepire altra fonte per un amore quale quello che provo per te se non nella bellezza. Può esistere una specie di amore che io rispetto al massimo grado e senza il minimo scherno, e che posso ammirare negli altri; ma esso non ha la ricchezza, la fragranza, la piena bellezza e l'incanto dell'amore come il mio cuore lo intende. Lasciami quindi parlare della tua bellezza anche a mio rischio, qualora tu possa essere così crudele verso di me da provare altrove il suo potere. Dici di temere ch'io pensi che tu non mi ami: dicendo questo, mi fai soffrire di più per il desiderio di esserti vicino. Qui sono in grado di fare pieno uso delle mie facoltà: non passa giorno senza che io butti giù un certo numero di versi sciolti o componga qualche poesia; e ora devo confessare – dato che siamo sull'argomento – che ti amo di più, perché penso che mi hai amato per me stesso e nient'altro. Ho conosciuto donne le quali penso desidererebbero veramente di sposarsi con un Poema e di essere abbandonate da un Romanzo. Ho visto la tua cometa, e spero soltanto fosse un presagio del miglioramento del povero Rice, che il male rende un compagno alquanto malinconico; tanto più che cerca di dominare i suoi sentimenti sforzandosi di scherzare. Baciai il tuo scritto da cima a fondo nella speranza che tu ti fossi lasciata sfuggire in esso una traccia di miele. Quale fu il tuo sogno? Raccontamelo e te ne darò l'interpretazione. Sempre tuo, amore mio!

Newport, 8 luglio 1819

di John Keats

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