Cronache

"Senza case in legno impossibile salvarsi"

"Le due regole principali: nei borghi evitare la pietra e proteggersi sotto il letto"

"Senza case in legno impossibile salvarsi"

Roma - «Domenica, quando a Roma s'è sentita forte la scossa del terremoto, era ospite da me una ragazza giapponese. Subito è andata ad aprire la porta, poi si è riparata sotto un tavolo. Ha seguito le regole che tutti, in Giappone, conoscono e mettono in pratica nelle esercitazioni fin da bambini. Altri connazionali poi mi hanno detto di aver fatto tutti le stesse cose». Il giornalista nipponico Tetsuro Akanegankubo vive a Roma da decenni come corrispondente delle più importanti testate, ma la cultura antisismica ce l'ha nel sangue.

Che ha pensato in questi giorni vedendo le reazioni degli italiani al terremoto?

«La grande differenza è che noi sappiamo di vivere in un Paese pericoloso, dal punto di vista sismico, rispettiamo le regole per mettere in sicurezza gli edifici, partecipiamo alle esercitazioni collettive e sappiamo esattamente come comportarci se arriva una scossa. Siamo molto più consapevoli del rischio».

Perchè la prima cosa da fare, anche da voi che avete edifici antisismici, è aprire la porta?

«In Giappone il 98 per cento delle scuole elementari e medie e l'85 per cento delle case private è antisismico. Senza fondi dello Stato, i privati provvedono da soli. La maggior parte delle case non è in pietra ma in legno e la spesa è contenuta. Ma anche se la costruzione non crolla si può deformare e, se non si apre subito la porta, si può rimanere incastrati dentro».

Seconda regola?

«Ripararsi sotto un letto o un tavolo, per non essere colpiti da calcinacci o vetri. Si consiglia di avere sempre vicino al letto una borsa pronta per le emergenze».

In Italia manca un'adeguata preparazione al rischio sisma?

«Sì. Mi ha colpito che la gente voleva tornare nelle proprie case distrutte, ricostruire i borghi medievali crollati com'erano prima. Anche gli esperti dei beni culturali assicuravano in tv che tutto tornerà uguale».

Voi non avete questo attaccamento alla casa, alle radici?

«Non alla casa come costruzione in sè, al luogo, agli amici sì, lo capisco, ma noi siamo sempre pronti a demolire e ricostruire. Voi volete tornare nelle case vecchie, noi vogliamo avere case nuove, in 6 mesi-un anno».

La differenza è che i nostri borghi antichi, le nostre chiese sono capolavori d'arte.

«Lo capisco e sono bellissimi. Ma non tutto si può salvare. Credo sia meglio individuare pochi monumenti da consolidare, voi avete le tecniche necessarie e costruire il resto più nuovo e sicuro. Noi buddisti diciamo:Coloro che hanno vita un giorno muoiono.

Le cose che hanno forma un giorno si disgregano».

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