Economia

Senza una sterzata servono 11 miliardi

È bene che Renzi se ne faccia una ragione e comprenda che le sue politiche di riforma del mercato del lavoro con il Jobs Act, una volta che si riducono i sussidi fiscali a favore delle assunzioni, fanno flop

Senza una sterzata servono 11 miliardi

Ora anche l'Ocse certifica che la crescita del nostro Paese quest'anno sarà lo 0,8% contrariamente allo 1,2 previsto e nel 2017 la crescita sarà solo lo 0,8 con un conseguente ridimensionamento delle previsioni del nostro governo che ipotizzavano un +1,4%. In totale mancherà all'appello un punto di Pil rispetto alle previsioni con cui si sta costruendo la legge finanziaria gonfia di promesse. L'Ocse è un organismo internazionale con sede a Parigi che raccoglie nel suo seno i paesi sviluppati che rispettano le regole internazionalmente condivise. Non è la Confindustria o la Confesercenti che han fatto le medesime stime e potrebbero esser sospettate di farle per interesse di arte. Anche l'Istat ha fatto stime analoghe: si potrebbero criticare i suoi metodi. L'Ocse esprime la prassi statistica internazionale. Dunque è bene che Renzi se ne faccia una ragione e comprenda che le sue politiche di riforma del mercato del lavoro con il Jobs Act, una volta che si riducono i sussidi fiscali a favore delle assunzioni, fanno flop. E comunque non generano più crescita perché non generano più produttività. Le sue politiche di deficit, basate sull'espansione della spesa corrente e di bonus fiscali orientanti a stimolare la domanda di consumi non generano crescita e aumentano il rapporto del debito pubblico/Pil. L'Ocse, come terapia generale per aumentare la crescita, suggerisce di togliere dal calcolo del deficit solo le spese di investimento. Ora la coperta per la manovra finanziaria si restringe di 0,7 punti di Pil se si vuole far rimanere invariato il rapporto fra debito e Pil che nell'era renziana ha toccato la vetta, senza precedenti, di 132-133%. Infatti essendo il debito circa un terzo in più del Pil il rapporto fra i due rimane invariato se il debito scende di 0,7 quando il Pil scende di 1. Mancano dunque circa 11,5 miliardi nel 2017 e 4 nel 2106. E già la manovra finanziaria comportava difficoltà di stare entro il deficit del 2,3% del Pil contro lo 1,8% che era stato fissato come obbiettivo per il 2017. Insomma nel 2017 l'Italia sarebbe al 3% del rapporto debito/Pil e forse oltre, se si attuassero le promesse governative. Il rapporto debito/Pil salirebbe pericolosamente. A questo punto, le promesse che Renzi fa, onde ottenere il «Sì» al referendum, diventano un sogno irrealizzabile, salvo fare un bilancio basato su dati non realistici destinato a esser bocciato non solo dalla Comunità Europea ma anche dai mercati, che necessiterà di una manovra correttiva emergenziale. Se Renzi vincesse il referendum è un rischio che si concretizzerebbe, dato che l'orizzonte politico e di politica finanziaria diventerebbe confuso, contraddittorio e incerto, essendovi a metà del 2017 le elezioni. Lui dovrebbe fare, a ridosso delle elezioni, sia una manovra correttiva basata su aumenti fiscali e tagli di spese in contrasto con quel che ha promesso, sia una modifica della legge elettorale per mantenere la coesione della sua maggioranza di governo e placare le opposizioni, che se lo aspettano.

Paradossalmente la vittoria del «No» ridimensionando i sogni di grandeur impossibili potrà servire a mettere i piedi per terra e a fare i conti del buon padre di famiglia, con una flessibilità sensata.

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