Salute

"Servirà ancora tempo ma il vaccino anti tumori può diventare realtà"

L'oncologo crede nella svolta contro il cancro ma avvisa: "Non bisogna illudere nessuno però la strada è quella giusta"

"Servirà ancora tempo ma il vaccino anti tumori può diventare realtà"

Da lui, il numero uno dell'oncologia, ti aspetti una frenata, come hanno fatto i grandi medici e primari nelle ultime ore. In realtà Umberto Veronesi, fondatore dell'istituto Ieo e primo in Italia a dare una speranza alle donne malate di cancro al seno, è possibilista. E sostiene che lo studio tedesco che, sulla rivista Nature, annuncia un vaccino anti tumorali ha delle serie basi scientifiche. Insomma, pur procedendo con i piedi di piombo, Veronesi appura che la strada seguita in laboratorio è quella giusta.

Professor Veronesi, possiamo credere allo studio pubblicato da Nature?

«Dietro questo annuncio ci sono molti anni di ricerca scientifica. Il sistema immunitario umano è sempre stato oggetto dell'attenzione degli oncologi per la sua reazione anomala ai tumori: per ragioni che stiamo solo ora a poco a poco scoprendo, il sistema non riconosce le cellule tumorali come estranee, e di conseguenza non si attiva per eliminarle o impedirne la diffusione, come fa, ad esempio, con i virus».

Però ci sono già stati parecchi studi sul sistema immunitario. Mai si è arrivati a questo risultato.

«Ce ne sono stati molti. Ora abbiamo identificato una proteina che inibisce le cellule che danno il via alla risposta immunitaria, impedendo così alle nostre difese naturali di agire contro il tumore. È stato poi trovato un farmaco molecolare, Ipilimumab, che si lega specificamente a questa proteina, annullando il suo potere di inibizione».

E funzionerà davvero per tutti i tumori?

«Le sperimentazioni dimostrano che questo meccanismo funziona nel melanoma. Ma il melanoma è un tipo di neoplasia che reagisce in modo speciale alle terapie, e a volte addirittura regredisce spontaneamente. Dunque ora il farmaco verrà testato su altri tumori: del polmone e della prostata. Ora i ricercatori di Magonza hanno trovato un'altra molecola ancora più attiva, che agisce forse su diverse forme tumorali».

Quindi la strada è davvero quella giusta?

«Che questo sia l'inizio di un filone che porterà grandi progressi, è fuori di dubbio. Tuttavia affermare tout court che abbiamo un vaccino anticancro, mi sembra azzardato. Detto questo, non siamo di fronte a un'ipotesi improbabile. È uno studio importante e serio, con basi scientifiche rigorose».

C'è il rischio che si inneschi un effetto-illusione come accaduto per altre cure, tipo la Di Bella?

«Sicuramente l'annuncio ha dato una scossa all'opinione pubblica perché l'affermazione è stata netta e decisa. Quanti siano i tumori che possiamo bloccare con un vaccino, ancora non sappiamo, ma l'idea in sé del vaccino è valida e non è un'illusione. Il rischio di illudere c'è se qualcuno esagera o strumentalizza l'annuncio, dando false speranze da subito. Bisogna fare in modo che non accada».

Secondo lei quanto tempo ci vuole per la sperimentazione clinica?

«Direi almeno 5 anni. Comunque il tempo necessario per verificare se, dopo una possibile regressione iniziale, la malattia si ripresenta oppure no».

Quali altre strade si stanno percorrendo per la lotta al cancro?

«Sul fronte dei farmaci la ricerca genetica sta individuando le mutazioni genetiche. La chirurgia diventa sempre più efficace e meno invasiva grazie alla robotica; la radioterapia si avvarrà sempre più delle particelle pesanti, più precise sul bersaglio. Va detto anche che quando il tumore è a carattere ormonale, oggi le terapie sono molto migliori e in forte sviluppo».

Entro quanto tempo potremmo abbandonare la chemioterapia e la radio?

«La radioterapia non agisce sull'organismo, ma sull'organo e quindi credo manterrà il suo ruolo come cura localizzata. Se l'immunoterapia verrà effettivamente sviluppata, la chemioterapia subirà invece una riduzione delle indicazioni».

Grazie alla prevenzione e alla diagnosi precoce, di quanto sono scesi i decessi per tumore?

«Oggi muore circa il 40% di chi è colpito da tumore, anche se bisognerebbe fare un distinguo fra tipi di tumore, mentre qualche decennio fa moriva l'80%. Tutto questo è grazie alla diagnosi precoce, spinta dallo sviluppo della diagnostica per immagini. Dalla prevenzione, intesa come stili di vita, potremmo ottenere molto di più.

Ad esempio eliminando il fumo di sigaretta e controllando l'alimentazione potremmo più che dimezzare i nuovi casi di cancro».

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