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Le sette vite dell'inutile Cnel

Le sette vite dell'inutile Cnel

Da oltre un anno il Parlamento ha decretato la fine - con le quattro votazioni necessarie per l'abolizione di un organo costituzionale, due alla Camera e due al Senato - del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro che ha però sette vite e continua a sopravvivere come se niente fosse. Il voto sarebbe stato sufficiente a cantare il «de profundis» per l'ente, sull'eco di una lunga battaglia contro lo sperpero iniziata ai tempi dell'ultimo governo Berlusconi che aveva piazzato un magistrato della Corte dei conti, Franco Massi, a limitare i danni. Eppure la cosiddetta «terza Camera» che, tranne poche eccezioni, non ha prodotto uno straccio di legge in materia, pur costando ancora qualcosa come sette milioni di euro l'anno, continua ad essere lì. Tanto vegeta che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi ha appena firmato il decreto di rinnovo di questo organo «molto inutile» per il quinquennio 2017-2022 con il risultato di spremere inutilmente altri quattrini agli italiani.

Ci sono tanti carrozzoni pubblici che vengono artificialmente tenuti in vita, ma è davvero paradossale il fatto che si continuino a spendere soldi per un organo di cui è stata già decretata la morte naturale. L'arcano si spiega ricordando l'escamotage trovato dall'allora premier Renzi, con la complicità della stessa Boschi. Il motivo della machiavellica trovata era far vincere a tutti i costi il «Sì» al referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre: in effetti, chi non avrebbe voluto la chiusura immediata del Cnel? La risposta era ed è immediata: «lobbies» sindacali a parte, tutti gli italiani. Matteo aveva, insomma, scovato un modo un po' furbetto per portare acqua al mulino del «Sì». E, oggi, proprio quella trovata è, forse, l'unico aspetto veramente negativo della vittoria dei «No». Non solo: subito dopo la «resurrezione» della «terza Camera» è stato anche nominato un nuovo presidente, l'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu, che a suo tempo si era battuto strenuamente per mettere la parola «fine» al Cnel. A completare il quadro c'è stata anche la battaglia tra il segretario generale e i consiglieri che rappresentano le varie organizzazioni del mondo del lavoro che hanno sempre rivendicato le «autonomie funzionali» dell'assemblea del Cnel. Dopo un lungo braccio di ferro è emerso il fatto che lo stesso Consiglio, così come il Csm, il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, non può certo aspirare a quell'autonomia funzionale che la Costituzione riconosce solo al Presidente della Repubblica, al Parlamento e alla Consulta.

Nel frattempo, però, i numerosi contratti di consulenza sono andati avanti: sugli eventuali danni erariali, al di là della buona fede dei consiglieri, si dovrebbe presto pronunciare la sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Lazio. A questo punto, il problema diventa generale e riguarda tutti gli sperperi dei vari carrozzoni pubblici: è possibile o no mettere finalmente un freno alle spese pazze della galassia di Stato e dintorni?

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