Politica

Sexy e coraggioso Armani crea l'uomo

Re Giorgio chiude le sfilate in trionfo Loghi e colori della terra da Fendi

di

Un finale in tutti i sensi da cardiopalma, la risposta più bella e intelligente che Milano potesse dare a chi le vuole portar via il primato della moda cominciando da quella maschile. Giorgio Armani sfila a casa sua, ovvero nel cortile del meraviglioso palazzo nobiliare che ha comprato in blocco una ventina di anni fa e che dal 1996 è il cuore pulsante dell'azienda.

Al piano nobile sotto al soffitto affrescato da Andrea Appiani vengono ricevute con la massima riservatezza le clienti dell'alta moda e all'ultimo piano in una stanza rivestita di legno chiaro, c'è lo studio del maestro affacciato sul classico giardino del centro storico milanese: segreto e bellissimo. Al centro c'è un pozzo in marmo bianco con sopra una data, 1785, importante per Milano perché quell'anno a pochi passi da qui nacque Alessandro Manzoni. Si deve a lui quella tremenda frase «il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare», mentre Armani dice chiaro e tondo che il suo è un uomo «coraggioso, sexy, tutto meno che noioso». Porta il gilet al posto di camicie e T-shirt, un fantastico modello serrato al corpo dietro e con una ricca paramontura sul davanti. Il primo a uscire in passerella è in shantung azzurro sotto a un sublime abito color caffè. Segue un perfetto gessato con queste due tinte che insieme si vedono poco e invece stanno benissimo: un'idea che Armani confessa di aver elaborato dopo aver visto una foto di Luchino Visconti elegantissimo in abito estivo marrone e camicia celeste. Da qui in poi c'è un crescendo rossiniano di fantasie da cravatta ingigantite o tratti geometrici con effetto pixel intessuti nello jacquard di seta delle giacche, una più bella dell'altra. Ci sono modelli mai visti prima con una doppia stondatura da marsina e ben dieci bottoni. C'è il doppiopetto blu con l'allacciatura bassa e una linea molto fluida che danza intorno al corpo. In questo caso il modello ha solo un fazzoletto al collo, mentre in altri le camicie sono grandissime e svolazzanti: di rara bellezza. Anche i colori più sgargianti sono come filtrati dal grigio per cui diventano squisitamente armaniani. Gli accessori sono lussuosi: borse e sacche di coccodrillo nappato e tinto con anilina (il massimo del lusso) mocassini in suede, le sneaker che non sembrano tali perché c'è differenza tra un uomo e un ragazzo, viva la differenza. Nel finale i 70 modelli raggiungono Re Giorgio al centro del cortile mentre la voce inconfondibile di Mina intona I giardini di marzo, un grande classico di Battisti e Mogol. È un momento struggente, con quel cielo di Lombardia così bello quando è bello che sta per salutare il sole. Anche da Fendi viviamo momenti difficili da dimenticare grazie alla sensazionale sfilata organizzata nei giardini di Villa Reale, il primo parco pubblico aperto nella città nel 1784. Gli ospiti trovano sulle sedie di midollino un delizioso cestino in paglia da pic nic perché è la prima sfilata della giornata e qualcuno ha bisogno di un altro caffè. La gentilezza è simmetrica allo stile della collezione realizzata in collaborazione con Luca Guadagnino, sesto guest artist di Silvia Venturini Fendi nella creazione dell'uomo. Così nel tema giardino abbiamo sublimi pullover fatti come i tralicci dei rampicanti e poi c'è la borsa annaffiatoio, la tuta e il cappello da giardiniere, gli stivali Moonstar con il logo Fendi e quei colori tipici anche delle divise coloniali evocati pure nella sublime colonna sonora rimixata da Furyo, indimenticabile film di Oshima con Sakamoto e David Bowie.

Da Pal Zileri c'è un lavoro eccelso sui colori che partono dal rosa Tiepolo e arrivano al blu Klein con gli spettacolari voli pindarici che il designer Rocco Jannone riesce a fare sulle sue stesse fonti d'ispirazione. Magnifiche le scarpe mutuate dall'idea delle car shoes anche nel caso dei sandali. Da non perdere le camicie in seta con un disegno di grottesche settecentesche: peccato siano solo da uomo. Passerella co-ed per i gemelli Dean e Dan Caten di Dsquared2 che pensano a Bruce Lee, parlano di guerrieri in un giardino d'estate ma poi gli mettono accanto un gruppo di sventolone in pelle dorata che han poco che vedere con il kung fu. Da Palm Angels il giovane designer Francesco Ragazzi ricrea in una vera stazione del metro l'emozione del vintage, un'altra interessante puntata del suo viaggio nello street fashion. Bravissimo Neil Barret con la sua idea del tayloring e dello sportswear che s'incontrano in un college sotto il segno dell'arte contemporanea.

Insomma abbiamo avuto solo 3 giorni, ma di assoluta intensità.

Commenti