Politica estera

La sfida di Zurita nel nome di Villavicencio. Il giornalista contro la violenza dei narcos

Dopo l'assassinio del candidato, il suo braccio destro in corsa per battere la pupilla dell'ex presidente. Ma i cartelli agitano il voto

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Oggi si vota in Ecuador, «dove i narcos comprano i politici o li ammazzano» titolava ieri The Guardian, rendendo bene l'idea di quale sia l'aria che si respira nel paese sudamericano diventato il più grande esportatore di cocaina al mondo da un paio di anni. Sono oltre 13 milioni gli ecuadoriani iscritti per recarsi alle urne e scegliere il nuovo presidente e i parlamentari che resteranno in carica sino all'aprile 2025, il voto è obbligatorio ma «meglio pagare la multa di 45 dollari (da inizio millennio il paese è dollarizzato, ndr)» dicono in tanti.

Impossibile che l'avvocata Luisa González, la candidata di Rafael Correa, riesca ad ottenere il 50% dei voti o il 45% con un distacco di almeno il 10% sul secondo. Lo dicono tutti i sondaggi e l'omicidio del candidato Fernando Villavicencio, il 9 agosto scorso, giornalista che per la sua lotta alla corruzione era la bestia nera di Correa, oggi latitante in Belgio. Da vedere però chi con lei andrà al ballottaggio il prossimo 15 ottobre.

Il primo favorito è Christian Zurita, che era presente quando è stato ucciso a Quito il suo amico Villavicencio. Giornalista investigativo anche lui perseguitato da Correa, per le minacce dei narcos, ha mandato la sua famiglia in un luogo segreto, per motivi di sicurezza. Il secondo favorito è il Rambo franco-ecuadoriano Jan Topic, ex soldato della Legione Straniera tra il 2006 e il 2011, madre transalpina e padre croato, un outsider assoluto che ha in curriculum con il mondo della politica solo un elemento: il rapporto di affari tra la compagnia privata di sicurezza fondata da suo padre ed il governo dell'ex presidente Correa. Soprannominato oltre che Rambo anche il «Bukele ecuadoriano», fu cecchino della Legione Straniera dell'esercito francese, combattendo nella Repubblica Centrafricana, a Gibuti e in Costa d'Avorio. Poi, come mercenario free lance, ha combattuto nel 2012 in Siria e, assicura senza però averlo ancora dimostrato con dati certi, nel 2022 in Ucraina. Una delle Jan Topic companies è la Telconet fondata dal padre, specializzata in telecomunicazioni, che in Ecuador ha più di 4.600 dipendenti, con attività in altri tre paesi dell'America Latina.

Il terzo favorito per il ballottaggio è invece l'ambientalista indigeno Yaku Perez, già terzo nel 2021, quando, a suo dire, solo i brogli da lui denunciati gli impedirono di contendere la presidenza al candidato di Correa, poi sconfitto al secondo turno dal presidente uscente Lasso. Vicino alla Chiesa cattolica, tra i fondatori (come il defunto Villavicencio) del movimento Pachakutik, moderato a differenza dell'indigeno marxista Leonidas Iza, si oppone all'estrazione di petrolio nel parco nazionale di Yasuní, iniziato nel 2014 da Correa. Oggi, per la cronaca, si vota anche un referendum per porre fino a questo obbrobrio in piena Amazzonia.

Attesa una astensione alta per la violenza soprattutto in città come Guayaquil, il maggiore porto del paese da cui esce gran parte della droga verso l'Europa e verso gli Stati Uniti, con la nuova rotta del Pacifico che ha contaminato anche il paradiso delle Galapagos. Qui negli ultimi 12 mesi ci sono stati il 5500% in più di morti ammazzati che a Roma e, numeri alla mano, l'Ecuador che oggi va alle urne è oramai ai livelli della Colombia di Pablo Escobar. All'epoca la Colombia rafforzò lo stato con l'unità di giudici, legislatori e dirigenti politici coraggiosi, fatto salvo rare eccezioni.

In Ecuador invece oggi la divisione è molto forte tra Correa e gli altri candidati, ma l'arma suprema dei narcos rimane sempre la stessa, ovvero, la corruzione e, ovviamente, la violenza.

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