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Si allarga lo scandalo Etruria: blitz nella sede e in 14 società

La Finanza passa al setaccio le aziende finanziate da Bpel e collegate a Rosi, l'ex presidente in affari con gli amici di papà Renzi. Nel mirino anche i verbali del cda della Popolare

Si allarga lo scandalo Etruria: blitz nella sede e in 14 società

Riceviamo e pubblichiamo.

Egregio Direttore,

in nome e per conto del dottor Nataloni, si chiede la seguente rettifica ai sensi dell’articolo 8 legge n. 47/1948.

Sono stati riportati fatti non veri, di particolare gravità ove si afferma che Banca Etruria avrebbe autorizzato finanziamenti ad aziende in difficoltà, chiedendo loro in cambio di avvalersi della consulenza finanziaria del Dottor Nataloni. Si menziona espressamente la Td Group Spa.

La Td Group Spa ha avuto rapporti con Banca Etruria dal 1985; i finanziamenti sono stato erogati fino al 2009; il Dottor Nataloni è entrato a far parte del CdA di Banca Etruria solo il 15.12.2011.

La fattura riportata non è dunque prova di “ambiguità” alcuna, ma semplice conseguenza di un rapporto professionale triennale avente ad oggetto l’assistenza per la presentazione di un piano di risanamento che interessa ben undici banche: incarico, questo, ovviamente noto alla banca e formalmente segnalato dal Dottor Nataloni quale potenziale conflitto d’interesse, come rilevato dallo stesso verbale ispettivo di Banca d’Italia.

Analoghe considerazioni in merito all’anteriorità delle delibere e dell’erogazione dei finanziamenti rispetto alla presenza in CdA del Dottor Nataloni possono essere verificate anche in relazione alle altre posizioni segnalate.

In ogni caso le delibere in materia di erogazione del credito, salvo le sole posizioni ex 136 TUB da approvarsi all’unanimità, non erano di competenza del CdA ma del Comitato Esecutivo, del quale il Dottor Nataloni non ha mai fatto parte.

Avvocato Gaetano Viciconte – Avvocato Filippo Busoni

Un blitz delle Fiamme gialle in quattro regioni accende i riflettori sulle società riconducibili all'ex presidente di Banca Etruria, quel Lorenzo Rosi legato da un sottile filo rosso al padre del premier. Due soci di Tiziano Renzi nella società di marketing Party srl sono infatti a loro volta in affari con l'ultimo presidente della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, in società che si occupano di realizzare e gestire outlet, come la Egnatia Shopping Mall.Quella che fino a ieri era una notizia frutto del lavoro di ricerca del capogruppo di FdI in regione Toscana, Giovanni Donzelli, ora diventa materiale su cui potrebbe trovarsi a lavorare il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, titolare delle indagini sulla ex banca dell'oro e accusatore del socio dei soci di babbo Renzi.Proprio Rossi ha infatti ordinato al nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Arezzo le 15 perquisizioni di ieri mattina, a carico della sede centrale di Bpel e di altre 14 società in Toscana, Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, attive in vari settori, che avrebbero ricevuto fidi dalla banca poi finiti in sofferenza.Il blitz nelle aziende «assegnatarie di affidamenti deteriorati, ovvero interessate a qualsiasi titolo all'erogazione di essi», è legato al fascicolo d'indagine che ipotizza a carico di Rosi e dell'ex componente del Cda Luciano Nataloni - ai quali le società perquisite sarebbero riconducibili - l'omessa comunicazione del conflitto di interessi. I due, insomma, sono finiti nel registro degli indagati perché non avrebbero segnalato al consiglio d'amministrazione della banca, al quale spettava il via libera per la concessione dei fidi, il ruolo da loro ricoperto nelle diverse società a cui Bpel erogò quei finanziamenti mai rientrati.A sollevare la questione era stata Bankitalia, che in un verbale successivo a una delle ispezioni effettuate nella storica sede di Banca Etruria aveva puntato il dito su quasi duecento fidi «autoconcessi» a 18 tra amministratori e sindaci della banca, che secondo gli uomini di Palazzo Koch avrebbero fruttato circa 18 milioni di euro di perdite. Quel verbale degli ispettori di Bankitalia faceva i nomi solo di due persone: Rosi e Nataloni. Per l'ex presidente, nel mirino finivano le pratiche di un finanziamento concesso a due società che avevano lavorato al «Città Sant'Angelo», outlet abruzzese realizzato nell'omonima località dal colosso delle coop rosse Unieco e dalla coop Castelnuovese, della quale Rosi (che si è sempre detto sicuro di non aver violato alcuna regola) era presidente. Proprio la Castelnuovese (perquisita ieri, come pure la Città Sant'Angelo sviluppo spa e la Città Sant'Angelo Outlet village spa) è socia a sua volta della Egnatia Shopping Mall insieme alla Nikila Invest. E la Nikila possiede il 40 per cento delle quote della Party srl di Tiziano Renzi, società che ha come amministratore unico Laura Bovoli, mamma del premier.Egnatia, Nikila e Party sono tutte estranee alle perquisizioni di ieri e alle indagini, ma i legami, per quanto indiretti, tra l'ex numero uno di Bpel Rosi e Renzi senior potrebbero creare nuovi imbarazzi all'esecutivo, già lambito dall'inchiesta aretina per la presenza del padre di Maria Elena Boschi ai vertici di Banca Etruria (nel cda e poi alla vicepresidenza, sanzionato con gli altri amministratori da Bankitalia per 144mila euro).Al momento però è solo la «vecchia» relazione di Bankitalia che è sfociata nel filone d'indagine che ha portato alle perquisizioni. Ora gli inquirenti vogliono comparare i documenti raccolti ieri con quelli «già acquisiti, al fine di valutare la sussistenza di condotte omissive tese a celare interessi sottostanti fra i soggetti interessati e le società che hanno ricevuto affidamenti, non restituiti, che hanno generato una sofferenza o una perdita per la banca».

Nella sede di via Calamandrei di Bpel, invece, sono stati acquisiti i verbali dei cda dell'era Rosi per ricostruire chi e in che modo ha deciso la concessione di quei fidi in odore di conflitto d'interesse, contribuendo al buco nei bilanci della banca che ha portato al crac.

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