Cronache

Si indaga sul complotto per farci pagare le bollette a 28 giorni

Blitz della Finanza dai gestori telefonici: dopo gli esposti, si cercano le prove di un "cartello"

Si indaga sul complotto per farci pagare le bollette a 28 giorni

Roma - Prima lo stop alle bollette ogni quattro settimane, ora la finanza in campo a tutela dei consumatori. Il nucleo speciale antitrust delle Fiamme Gialle ha bussato ieri alla porta dei principali operatori di telefonia fissa e mobile dopo che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha deciso di aprire un procedimento per verificare l'ipotesi di un accordo tra le varie compagnie in seguito alla bocciatura della fatturazione a 28 giorni. Ispezioni sono state eseguite nelle sedi Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb, oltre che presso la Assotelecomunicazioni, che rappresenta tutte le società del settore. Il Garante vuole accertare se, come segnalato nella valanga di esposti presentati dalle associazioni di consumatori, le varie società abbiano fatto cartello coordinando la loro strategia commerciale e impedendo di fatto agli utenti di rivolgersi ad un gestore più conveniente in caso di recesso dal contratto. E in attesa di sapere se effettivamente ci sono state intese restrittive della concorrenza, le associazioni dei consumatori preparano class action e richieste di risarcimento.

Tutto questo dopo che lo scorso 12 febbraio il Tribunale amministrativo ha respinto i ricorsi promossi dagli operatori telefonici tramite l'Asstel contro la delibera 121 con cui l'Agcom imponeva un termine per adeguarsi all'obbligo, precedentemente stabilito dalla stessa Authority, a fatturare a 30 giorni invece che a 28. Una bocciatura scontata, dal momento che la delibera dell'Agcom era stata sostenuta da una norma contenuta nel decreto fiscale, poi divenuto legge a dicembre, che impone appunto la fatturazione ad effettivo fine mese. Con le bollette a 28 giorni le società di telefonia recuperavano 2-3 giorni al mese riuscendo ad emettere una fattura in più all'anno. Un escamotage che moltiplicato per milioni di utenti consentiva loro un notevole guadagno. Quando il Garante per le comunicazioni ha messo fine a questa pratica ingannevole, Tim Vodafone e Fastweb hanno annunciato un aumento dell'8,6 per cento connesso al ritorno alla fatturazione «solare». La sospetta contemporaneità ha fatto scattare esposti all'Antitrust, che adesso si è mossa avviando un'indagine.

L'ipotesi è che per restringere la possibilità dei clienti di beneficiare del corretto confronto concorrenziale tra operatori in sede di esercizio del diritto di recesso, gli operatori abbiano concertato la variazione delle condizioni contrattuali. Una vittoria su tutti i fronti delle varie associazioni a tutela dei cittadini. Il Codacons si dice pronto ad una class action contro le compagnie telefoniche «per i danni economici prodotti agli utenti» se queste non faranno dietrofront. Anche l'Unione nazionale dei consumatori pensa già ai rimborsi: «È ora che le compagnie stornino quanto hanno indebitamente incassato a partire dal 23 giugno 2017». Anche se il Tar per il momento ha «congelato» il capitolo rimborsi, che pure erano previsti nella delibera dell'Authority. Nella seduta di lunedì, infatti, i giudici hanno deciso di aspettare il giudizio di merito fissato per il prossimo 31 ottobre prima di pronunciarsi in merito.

Gli operatori intanto si difendono. La Tim si dice «estranea a qualsiasi comportamento anticoncorrenziale», così come Wind Tre che garantisce di aver fornito tutte le informazioni richieste. Fastweb: «Nessuna pratica collusiva».

Anche Asstel assicura di aver collaborato con le autorità e respinge le accuse.

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