Politica

Quella sinistra che si nasconde dietro i flash mob delle Sardine

Quella sinistra che si nasconde dietro i flash mob delle Sardine

Sarà perché siamo sempre più sommersi dall'acqua, ma il manuale di ittiologia fantastica dove si esercitano ogni ora gli interpreti del nostro tempo, rischia di annacquare nella battuta felice il vero significato del sardinismo. Politico, innanzitutto. Non del tutto partitico, non del tutto ideologico, ma politico appunto. Non solo per il richiamo della funzione dell'agorà nell'antica polis, ma per la metafora liquida che si porta dietro. Il pensiero va subito al grande maestro Bauman, che ci aveva avvertito in anticipo della natura «liquida» della post-modernità. Niente di più liquido ormai della nostra cara democrazia occidentale, dove tutto scorre in fretta, travolgendo segni, valori, persone. In questo acquario universale sembra, al momento, che i due soli punti fermi della battaglia politica siano le due piazze, quella materiale e quella immateriale dei social. Piazze speculari ma a volte asimmetriche, conflittuali oppure complementari. I fattori di causa ed effetto sono anch'essi mobili, si invertono o addirittura si sovrappongono. La Raggi fa ironia su Salvini che parla da solo a Roma davanti a uno smartphone, in una solitudine che sembra stridere con le piazze piene dell'onda leghista. E il re dei critici tv, Aldo Grasso, fa a sua volta ironia ricordando le cene malinconiche del marito della Raggi, che l'aspetta inutilmente a casa la sera. Tutto via web naturalmente, pentole comprese. Chi di social ferisce, di social perisce. Però, cara Raggi, oggi Salvini è sopra il 30% dei sondaggi perché è l'unico politico di livello che unisce il culto della comunicazione politica internettiana alla forza fisica di incontrare la gente dovunque e comunque. Riempie le piazze, ma anche i mercati, i ristoranti, i palazzetti dello sport. E le sardine nascono contro di lui come movimento della doppia piazza, social e fisica. Altro che flash mob spontanei, però. Dietro di loro ci sono pesci ben più grandi. Dei veri furboni. Si nascondono dietro i millennials, liquidi per definizione, lanciano le pietre, figurate, contro Matteo, poi nascondono furtivi la mano. A Modena ha fatto capolino da una scatoletta, attraverso un suo uomo, il presidente uscente dell'Emilia Romagna Bonaccini. Adesso tocca a tutte le città, ieri a Milano sulle sardine, insieme alla pioggia, è arrivata una spruzzata di antifascismo e antirazzismo e di Saviano-pensiero. Erano in tanti, l'aspirazione sta diventando nazionale, ma ricordiamo che tutto è nato a Piazza Maggiore a Bologna e tutto porta alle decisive elezioni regionali di gennaio nella cassaforte del Pd. La sinistra sa che per riconquistare il paese deve nascondere se stessa, fuggendo da simboli che una volta erano brand storici e che ora l'affosserebbero. Così la democrazia novecentesca continua a perdere i suoi pezzi mentre celebra le sue liturgie di libertà nelle piazze dove si scandisce il nuovo mantra «Noi non ci Leghiamo». Il voto e il Parlamento contano di fatto meno della doppia piazza dello scontro di questi giorni. Il dibattito, se così lo vogliamo chiamare, si sta spostando fuori dall'agenda canonica istituzionale. Post scriptum: mi viene in mente che il primo a sdoganare linguisticamente le Sardine in politica fu Berlusconi. 12 dicembre 2018, Roma, presentazione del libro di Vespa.

Alla domanda sui suoi eredi il Cav risponde che pensava fossero delfini invece si erano rivelati sardine. Ohibò! Non è che in piazza, nascosti nel pigia pigia generale, ci sono anche Fini, Alfano e Toti?

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