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"Sinistra perdente e senza federatore"

Lo studioso: "Renzi è un leader ma divide, Mdp proponga nomi alternativi"

"Sinistra perdente e senza federatore"

Roma - Ciclicamente ritorna di prepotente attualità il dubbio che la sinistra si crogioli con gusto nel masochismo di dividersi. Favorendo così la vittoria degli avversari. A Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica, abbiamo chiesto ragione di questo infausto destino che sembra attanagliare la sinistra.

Professor Pasquino pensa anche lei che la sinistra sia masochista? Che preferisce dividersi pur di non far vincere Renzi?

«Non credo che la sinistra, come dice lei, preferisca dividersi. Piuttosto è già eternamente divisa e frammentata».

Quindi non è d'accordo sul fatto che molti le diano della masochista.

«La sinistra soffre come in tutta Europa di una frammentarietà che la destra non conosce».

E secondo lei perché questa sofferenza?

«Perché il centrodestra, anche se formato da partiti con origini lontane fra loro, riesce a difendere interessi comuni. Da quella parte c'è una coscienza di classe che nel centrosinistra manca».

Niente coscienza di classe a sinistra? Questa è dura da digerire.

«È così un po' dovunque. Veda cosa succede in Germania, in Francia e persino in Spagna. Da noi questa frammentarietà è più esasperata perché a sinistra pretendono di difendere troppi interessi».

Crede che una coalizione non sia possibile? Nemmeno adesso che il Senato ha votato il Rosatellum bis? Dicono sia fatto apposta per premiare le alleanze.

«Il Rosatellum sarebbe stato adatto solo se avesse consentito il voto disgiunto. Com'è stato licenziato dal Senato serve soltanto per premiare Renzi».

Quindi la sinistra si deve rinnovare partendo dal programma e da una nuova leadership, e soprattutto bevendo l'amaro calice delle alleanze?

«Renzi come politico è testardo. Una coalizione, però, la deve accettare e quindi un prezzo lo deve pagare».

Viene prima la leadership o la coalizione?

«Senza dubbio serve una persona che unisca le diverse anime della sinistra e che porti a identificare le priorità».

E quel leader cui sta pensando è Renzi?

«Renzi è sicuramente un leader. Non è un federatore, ma un divisore. Il centrosinistra ha avuto un solo leader federatore nella sua storia: Romano Prodi. Per far vincere il centrosinistra Renzi dovrebbe fare un passo indietro. Ha anche a provato a fare il Macron italiano ma non gli è riuscito quando aveva preso il 40% dei voti con le Europee, figuriamoci se può riuscirgli adesso».

Anche Mdp e Sinistra italiana dovrebbero fare delle concessioni, non le pare? In fondo una coalizione si fonda sul reciproco venirsi incontro.

«Quello che dovrebbero fare è di indicare loro un leader. Le sparse membra della sinistra dovrebbero correre il rischio di imporlo un leader».

Il caso Ostia apre uno spiraglio per chi a sinistra vuole smarcarsi dal Pd e cercare un dialogo coi grillini?

«Ostia è un caso a parte. O meglio. Come in tutti i casi di ballottaggio il dialogo lì conta fino a un certo punto. Semmai è importante vedere cosa accadrà dopo il voto politico».

In che senso?

«Se, come probabile, ci saranno nel nuovo parlamento tre grandi forze senza i numeri per governare, un dialogo coi grillini avrebbe un senso diverso. E un dialogo con quel movimento riuscirebbe meglio a un leader federatore, aperto al dialogo.

Magari uno come lo stesso Gentiloni».

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