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Siria, dopo il gas aria di crisi È scontro fra Russia e Usa

Mosca blocca la risoluzione Onu e difende Assad: false accuse. Ma Trump mostra i muscoli: «Agiremo da soli»

Siria, dopo il gas aria di crisi È scontro fra Russia e Usa

Fake news. Donald Trump ha lanciato una moda che torna comodo seguire in molti ambiti e in tutto il mondo. Anche a Mosca apprezzano, e ieri l'hanno dimostrato applicando l'etichetta che tutto cancella e tutto ridicolizza al fin troppo serio argomento della strage chimica in Siria. E dunque no, no assoluto alla «inaccettabile» bozza di risoluzione Onu che condanna il bombardamento siriano che ha portato alla morte di 72 civili (tra cui 25 bambini) a Khan Sheikun.

La bozza, sostiene il ministero degli Esteri russo, è una fake news basata su rapporti falsi. Secondo il Cremlino, la strage di innocenti provocata da gas nervini (e poi proseguita fin dentro gli ospedali dove le vittime erano state ricoverate) si spiega in un modo ben diverso, che ovviamente scagiona Bashar el Assad e i suoi alleati moscoviti: le bombe hanno centrato inavvertitamente un deposito di armi dei ribelli nemici del raìs, che conteneva le mortifere sostanze proibite. Inoltre, sostiene ancora il ministero della Difesa russo, c'è una sospetta incongruenza tra l'orario in cui sarebbe avvenuto il bombardamento di Khan Sheikun (tra le 11.30 e le 12.30) e quello dell'inizio della diffusione in Rete di immagini di nubi di gas velenoso: ben tre ore prima. Insomma, i ribelli avrebbero messo in circolazione una versione falsa degli avvenimenti, a loro vantaggio.

Quale che sia la verità, l'«inaccettabile bozza» stilata da Francia, Regno Unito e Stati Uniti (e di fatto approvata dalla Cina, che si oppone all'uso di armi chimiche da parte di chiunque» e chiede «un'indagine obiettiva ed equilibrata») contiene una storia diversa. Condanna l'attacco di Khan Sheikun e chiede un'approfondita inchiesta per individuare i suoi responsabili. E su chi siano i responsabili, ad avviso delle tre potenze occidentali, non sembrano esserci dubbi. A Washington non si presta fede alla versione diffusa dal Cremlino, e anzi si continua a ritenere che il governo di Assad debba rispondere dell'eccidio a base di gas nervini.

Concetto espresso con parole molto dure a palazzo di Vetro dall'ambasciatrice Usa Nikki Haley, che si è rivolta ai russi chiedendo «quanti bambini dovremo vedere ancora morire prima che dimostriate di avere su Assad l'influenza che dite di avere». Haley ha poi aggiunto che «quando l'Onu non sa trovare una linea d'azione comune, allora gli Stati sono costretti a intraprendere azioni proprie e noi potremmo farlo». Parole che sembrano alludere a una nuova giravolta dello stesso Trump, che fino a due giorni fa assicurava di non considerare la rimozione di Assad una priorità, ma che ieri ha detto che gli «atti odiosi» commessi dal regime di Assad «sono un affronto all'umanità e non potranno più essere tollerati».

Il presidente francese Hollande, da sempre in prima linea contro Assad, ha parlato di «crimine di guerra» e ha chiesto sanzioni internazionali contro Damasco. Hollande ha puntato il dito, pur senza nominarli direttamente, contro la Russia e l'Iran, «complici che intervengono in Siria e permettono agli aerei di Assad di lanciare bombe a gas». Per il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson, il leader di Damasco semplicemente «non può restare» al suo posto, e per il presidente turco Erdogan Assad è semplicemente «un assassino di bambini»: con tanti saluti al recente riavvicinamento di Ankara a Mosca. Anche il governo italiano (il nostro Paese è attualmente membro non permanente del Consiglio di Sicurezza) sostiene la risoluzione bocciata da Mosca: per l'ambasciatore all'Onu Sebastiano Cardi «fintanto che nessuno sarà ritenuto responsabile per questi crimini di guerra e crimini contro l'umanità, resterà l'incentivo a continuare a perpetrarli».

Ma mentre a New York si celebrano i riti della diplomazia, Mosca conferma il proprio indefettibile appoggio al regime di Assad, o meglio «alla campagna antiterroristica per la liberazione del Paese svolta dalle forze armate della Repubblica araba siriana»: parole del portavoce di Putin, Dmitri Peskov.

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