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In Siria la pace Erdogan-Putin. Pattuglie comuni oltre confine

Raggiunto l'accordo: altri sei giorni di cessate il fuoco I curdi: "I nostri combattenti si sono ritirati dall'area"

In Siria la pace Erdogan-Putin. Pattuglie comuni oltre confine

La pax russa ha convinto, per ora, il Sultano a sventolare il ramoscello d'ulivo ed estendere la tregua di 150 ore, altri sei giorni. In vista di un definitivo cessate il fuoco la polizia militare russa parteciperà a pattuglie congiunte con i turchi a 10 chilometri dal confine, in territorio siriano, a partire dalla mezzanotte di oggi. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha definito «storico» l'accordo con Vladimir Putin dopo 7 ore di faccia a faccia a Sochi, sul mar Nero.

Il summit sulla crisi siriana è stato convocato il giorno in cui scadeva (alle 21 di ieri sera) la tregua per il ritiro dei combattenti curdi oltre i 32 chilometri dalla frontiera turca. Erdogan ha sottolineato di avere raggiunto «un accordo storico per la lotta contro il terrorismo, l'integrità territoriale e l'unità politica della Siria e per il ritorno dei rifugiati». I turchi hanno anche accettato l'arrivo delle forze governative siriane assieme alla polizia militare russa.

I combattenti curdi delle Unità di protezione popolare (Ypg) hanno rispettato i patti imposti ritirandosi dalla zona conquistata dalle milizie filo turche «tra Ras al-Ayn e Tal Abyad». Si tratta circa della metà dell'area che i turchi vogliono bonificare per creare una zona di sicurezza dove fare tornare i profughi. La prima ondata dell'offensiva Fonte di pace ha provocato 200mila sfollati, compresi 80mila bambini. I curdi temono che se l'attacco continuasse si potrebbe arrivare a «un milione di profughi».

Non a caso ieri è stato calato anche l'asso tedesco. Putin aveva sentito giorni fa al telefono la cancelliera Angela Merkel. La Germania vuole proporre alla riunione dei ministri della Difesa della Nato di domani l'invio di «una forza di stabilizzazione in Siria» per fare da cuscinetto fra il confine turco e i combattenti curdi. Berlino ha già avanzato la richiesta in via informale agli alleati europei compresa l'Italia. I piani di contingenza sono stati rispolverati e il contributo italiano potrebbe variare da un battle group di 1.500 uomini a una brigata di 4mila soldati. A patto che ci sia la volontà politica, dopo aver proposto un demagogico e poco effettivo embargo alle armi alla Turchia. Da Berlino sono trapelate cifre di «un contingente di 30-40mila uomini», ma i militari sono convinti che potrebbero bastare la metà.

Ieri la cancelliera Merkel si è riunita con la responsabile della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer e quello degli Esteri Heiko Maas. I socialdemocratici storcono il naso, ma domani la Germania presenterà il piano agli alleati della Nato, se la pax russa non ribalta la partita. Al vertice parteciperà anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che non sembra avere alcun mandato chiaro sull'adesione o meno dell'Italia. Merkel ha specificato che la missione «funzionerebbe esclusivamente su mandato dell'Onu». Il modello dovrebbe essere quello dei caschi blu in Libano a guida italiana con un dispiegamento di forze dalla Turchia e l'imposizione di una no fly zone. Ovviamente non solo Ankara, ma pure Damasco dovrebbero essere d'accordo perché la prima regola «per una forza di interposizione è l'accordo fra le parti» spiegano i militari.

La pax russa decisa a Sochi potrebbe scombinare le carte rendendo inutile la missione europea oppure rappresentare il primo passo verso un passaggio delle consegne agli europei.

I tedeschi vogliono «continuare la lotta contro lo Stato islamico e creare le condizioni per un ritorno volontario dei profughi mediante la ricostruzione».

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