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"Le situazioni di pericolo? Create apposta. Malta ha molte responsabilità sugli arrivi"

L'esperta di diritto del mare: "La Valletta riduca la propria zona Sar se non riesce a controllarla. Ha ragione il Papa: serve solidarietà di tutti"

"Le situazioni di pericolo? Create apposta. Malta ha molte responsabilità sugli arrivi"

Elda Turco Bulgherini, già ordinario di diritto della navigazione all'università di Roma Tor Vergata e presidente dell'Associazione Italiana di Diritto Marittimo, è convinta: «L'Italia è il confine meridionale dell'Europa e non può essere il lasciapassare per tutti, per questo serve la solidarietà degli altri Paesi Ue, come ha ricordato il Papa».

Professoressa, per il governo i migranti salvati da una nave che batte bandiera straniera di fatto si trovano sul suolo di quel Paese e non devono essere necessariamente sbarcati nel più vicino porto. È così?

«La questione è molto complessa, si sovrappongono norme internazionali, europee e italiane. Ma la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare del 1982 detta le regole. Nelle acque internazionali nessuno Stato ha sovranità, può essere esercitata solo quella del Paese di cui una nave batte bandiera e un naufrago è sottoposto a quell'ordinamento giuridico. L'obbligo del soccorso è legato al pericolo di vita, la nave diventa per il naufrago il luogo sicuro ( Place of Safety) dove, ottenuto cibo, riparo, cure sanitarie, terminano le operazioni di soccorso e possono essere organizzati i trasporti per la prossima destinazione. E il comandante, come pubblico ufficiale, può procedere alla prima identificazione e raccogliere le richieste d'asilo».

Se la nave si trova in acque territoriali italiane non deve intervenire il nostro Paese?

«La convenzione di Amburgo istituisce le zone SAR (Search and Rescue), in cui ogni Paese deve prestare soccorso, ma come ci sono navi che coordinano il loro intervento con il centro di soccorso italiano e altre che non lo fanno».

Perché?

«Per forzare la mano e magari portare da noi naufraghi che non sono stati salvati nella nostra SAR. Questo non è giusto e mette in discussione la certezza del diritto. Il problema nasce anche da Malta che ha rivendicato unilateralmente una zona SAR di 250 mila chilometri quadrati, che si sovrappone in parte a quella italiana e a quella della Tunisia. Ma non ha mezzi e risorse per controllarla, così prende i fondi ma chiede da sempre all'Italia di attivarsi, fa il passalinee. Finora si è lasciato perdere ma adesso Malta dovrebbe, o ridurre l'area SAR o assumere obblighi e responsabilità per quella che si è attribuita. Soprattutto, perché ormai tutto è cambiato per il soccorso a mare e i presupposti giuridici dell'attuale normativa sono superati».

Ci spieghi.

«Queste regole sono state scritte per eventi eccezionali e inaspettati, ma siamo di fronte ad organizzazioni criminali che continuamente mandano imbarcazioni verso le nostre coste, forniscono ai migranti cellulari e poca benzina, perché sanno che in una situazione di pericolo i soccorritori devono intervenire. Scrive una sentenza della Cassazione (N.14510/2014) che i trafficanti creano artatamente una condizione di pericolo, sicché l'azione di soccorso diviene una condotta obbligata, al fine di evitare la morte dei migranti, con la conseguenza che lo status della persona soccorsa (profugo, migrante economico, presunto terrorista..) è irrilevante».

Il problema per l'Italia è il trattato di Dublino, che impone identificazione e accoglienza al paese di primo approdo?

«Ci ha penalizzato fortemente e 25 Paesi Ue si sono opposti all'asilo politico europeo, che garantirebbe una più equa distribuzione. L'Italia dovrebbe con Spagna, Malta, Grecia premere per riavviare i negoziati per la riforma di Dublino. Ma già oggi l'articolo 80 del Trattato sul Funzionamento dell'Ue stabilisce che le politiche dell'Unione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario.

Principio finora disatteso».

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