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Slitta già il taglio dei seggi. Legge elettorale nel caos

La Camera deciderà l'iter solo settimana prossima Pd in lite, Prodi e Veltroni contro il proporzionale

Slitta già il taglio dei seggi. Legge elettorale nel caos

Prima di tagliare i seggi devono spartirsi gli ultimi incarichi. Formato il governo è stata già rimandata la prima promessa. Per assegnare le cariche di sottosegretario e viceministro salta, al momento, la votazione sul taglio dei parlamentari. È quanto deciso nella riunione dei capigruppo che ieri ha stilato un calendario di massima che non prevede la famigerata norma bandiera del M5s. Tutto è congelato alla prossima settimana, in attesa che si completi la squadra di governo e che tutte le deleghe vengano assegnate. Come sempre accade, la controversia è intorno ai nomi, al numero dei rappresentanti che Pd, M5s, Leu rivendicano.

Giuseppe Conte pretendeva già ieri di ricevere la lista che avrebbe voluto presentare oggi. Pd e M5s mascherano il rinvio come nient'altro che un normale impedimento. La verità è che, nelle ultime ore, si è aggiunta una nuova disputa e rilevante. Riguarda la legge elettorale finita per essere merce di scambio fra Pd e M5s. I grillini esigono il taglio dei parlamentari, ma i dem pretendono il ritorno a una legge proporzionale tanto da dichiarare di lavorare a un testo. Un ritocco che, nelle intenzioni dei parlamentari del Pd, potrebbe favorire le piccole formazioni e costringere alle alleanze e, nello stesso tempo, ostacolare le ambizioni di quei partiti che inseguono l'autosufficienza. Per molti, si tratta di una norma anti Lega, ma la stravaganza è che il ritorno al proporzionale non è gradito neppure dai padri del Pd che hanno sempre parlato di «vocazione maggioritaria». Walter Veltroni lo ha bocciato durante un intervento a Cartabianca: «Se tornassimo al proporzionale, sarebbe il festival della frammentazione. Il paese ha bisogno di governabilità». Romano Prodi lo sconsiglia ma, va da sé, da professore: «L'Italia ha bisogno del maggioritario per avere continuità di governo».

Sono disaccordi importanti, ma non sono preoccupazioni di chi attende la nomina da sottosegretario o vice. Cominciamo dall'avanguardia. Stefano Buffagni è ancora stabile nella casella di viceministro all'Economia con delega alle partecipate e dovrebbe essere affiancato da Antonio Misiani e Claudio De Vincenti in quota Pd. Alla Giustizia, in veste di sottosegretario dovrebbero finirci Gennaro Migliore per il Pd e Vito Ferraresi per il M5s. Da consolare è Nicola Morra a un passo dal diventare ministro dell'Istruzione. Ha ridotto le sue ambizioni all'Interno dove potrebbe trovare Emanuele Fiano o Franco Mirabelli sempre del Pd. Per l'Interno si è fatto anche il nome di Francesco D'Uva, capogruppo del M5s, ma appare più probabile la destinazione di cui s'era parlato nei giorni scorsi: Beni culturali. Accanto a Dario Franceschini dovrebbe sedere, da sottosegretario, anche la dem Lorenza Bonaccorsi. Per quanto riguarda l'Istruzione, restano probabili Anna Ascani per il Pd e Lucia Azzolina, docente siracusana del M5s. Circola anche il nome di Alessandro Fusacchia deputato di +Europa e in passato capo di gabinetto della ex ministra Stefania Giannini. Agli Esteri, ad aiutare Luigi Di Maio, dovrebbe restare Manlio Di Stefano e una tra le democratiche Lia Quartapelle e Marina Sereni. L'ultimo borsino ricevuto vede l'ex sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, sottosegretario ai Trasporti (si fa anche il nome del suo collega pentastellato Emanuele Dessì) mentre per il Pd potrebbe ricoprire il ruolo l'ex presidente della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso. Al ministero del Lavoro potrebbe andare il dem Luigi Bobba. A concludere, il sottosegretario all'Editoria: Emilio Carelli del M5s o Andrea Martella del Pd. Il peggio non è tuttavia passato.

Per chi (non) ha nostalgia, in corsa rimane ancora Vito Crimi.

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