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Quella lezione americana del Partito repubblicano che fa sognare Berlusconi

Il Gop, preso a modello dal Cav, che ha saputo rifondarsi dopo due sconfitte. Liberalismo e deregulation: pochi punti per unire le anime del movimento

Quella lezione americana del Partito repubblicano che fa sognare Berlusconi

Bisogna tornare indietro di cinque decenni e mezzo. Al 1960. Perché è lì che è cominciato il partito repubblicano americano di oggi. Chi si ispira a quella storia e a questo presente, a ciò che è stato nella seconda parte del Novecento e a ciò che è oggi, deve partire da lì. Che poi significa partire da una sconfitta. Amara, atroce, perfida: 112mila voti. Centododicimila voti su 34 milioni. Meno di niente, lo 0,2 per cento con cui John Fitzgerald Kennedy superò Richard Nixon. Una sconfitta alla quale ne seguì un'altra, nettissima ma paradossalmente più importante, quella di Barry Goldwater contro Lyndon Johnson nel 1964. In quel quadriennio tra le due elezioni presidenziali perse il partito repubblicano s'è ricostruito, ripensato, rifondato. Ha cominciato una rimonta culturale e politica che l'ha portato prima a riprendersi la Casa Bianca con Reagan nel 1980, poi a ripetersi con George Bush Senior e con George Bush Junior. È lì che ha cominciato a essere quello che è: un partito conservatore solido, multiforme, multistrato, multifacce che negli ultimi quarant'anni ha inciso nella vita pubblica e nella politica estera e interna americana più dei rivali democratici. Un partito che adesso è maggioranza politica degli Stati Uniti, avendo il controllo della Camera dei rappresentanti e governando la gran parte dei 50 Stati Usa. Un partito che se troverà un candidato credibile per il 2016 cercherà di strappare la Casa Bianca alla avvantaggiata e favorita Hillary Clinton.

Il sogno repubblicano di Silvio Berlusconi passa per l'indagine di come quella ripartenza dagli anni Sessanta s'è sviluppata. La costruzione della Right Nation, come hanno scritto qualche anno fa John Micklethwait e Adrian Woolridge raccontando l'evoluzione della destra americana fino a George W. Bush nel libro che ha più di tutti accompagnato, spiegato e raccontato l'avvento dell'era bushista. Il vedere come punto di partenza la sconfitta di Goldwater si poggia su due pilastri: uno culturale, il salvataggio e il successivo sviluppo dei pensatoi come l'American Enterprise Institute; l'altro strategico: cercare consenso nelle aree del Paese in cui il consenso per i repubblicani non c'era. Il Sud degli Usa, oggi roccaforte dei conservatori, all'epoca era solidamente democratico: in un saggio di Ideazione di qualche anno fa, Andrea Mancia ricordava che «nel 1950, il Grand Old Party non aveva neppure un senatore eletto in uno Stato del Sud e soltanto due congressmen su un totale di 105. E nel mezzo secolo precedente, i repubblicani avevano vinto un'ottantina scarsa di sfide per il Congresso su un totale di 2.565 (di cui la metà in un paio di distretti del Tennessee). Oggi, gli Stati a sud della linea Mason-Dixon sono il cuore della Bush Country: nel 2004 il presidente ha vinto l'85 per cento delle contee nella regione e i repubblicani hanno eletto 22 senatori su 26».

Goldwater è stato il punto di riferimento per tutto il Novecento (è morto nel 1998) e il padre nobile del partito repubblicano. Fu un vero capo, come ha scritto Marco Respinti, «un uomo cioè capace di scegliere adeguatamente i propri consiglieri e i propri collaboratori, tenendo conto non tanto del ricatto dell'elettorato, ma intelligentemente dell'humus del proprio Paese. Il suo successo – al di là della sconfitta di allora, un certo “goldwaterismo” ha trionfato negli Stati Uniti con e da Reagan in poi – è stato infatti il successo di un vasta porzione di popolo nord-americano, quella che peraltro ha la pretesa di rivendicare la più diretta continuità con le tradizioni di fondazione della nazione». Ma Goldwater è anche la dimostrazione di quanto i conservatori americani siano sfaccettati e diversi. Esiste una lista di poche cose in cui un repubblicano deve assolutamente credere: liberalismo economico, dunque zero intervento dello Stato nell'impresa, e bassissima pressione fiscale; deregulation nella vita sociale, rispetto assoluto del dettato costituzionale.

All'interno di questo perimetro il partito repubblicano include molte anime diverse e le fa convivere. Se il paragone non fosse improprio si potrebbe dire che la cosa più somigliante in Italia al Gop sia stato il Pdl, nel quale conviveva la destra sociale ex An e la parte più liberale di Forza Italia. Diversità, quindi. Anche in America politica estera e persino temi etici prevedono sfaccettature differenti (Goldwater era più «laico» e tollerante di altri esponenti della sua era e di quelle successive). Oggi i repubblicani vanno dal Tea Party ultralibertario, al moderatismo dialogante con i democratici del governatore del New Jersey, Chris Christie. In mezzo tanti altri modi di essere conservatori, di destra, repubblicani, anti-sinistra versione Usa. C'è chi è più establishment e ortodosso e chi lo è molto meno. Le primarie scelgono la strada da prendere, chi vince prende tutto e non è vero come dice qualcuno che non esistono cerchi magici. Si chiamano solo diversamente.

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