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Soldati stranieri cacciati dall'Irak E l'Iran straccia l'intesa nucleare

Baghdad vota: via le truppe americane Trump: «Se Teheran ci attacca, 52 siti sotto tiro». La replica: non ha il coraggio

Soldati stranieri cacciati dall'Irak E l'Iran straccia l'intesa nucleare

New York Via tutte le truppe straniere dall'Iraq. É questa la decisione che il Parlamento di Baghdad ha assunto dopo il raid che ha provocato la morte del generale iraniano Qassem Soleimani. Il riferimento è non solo alle truppe americane, ma anche alle forze straniere che compongono la coalizione anti-Isis, di cui fanno parte pure gli italiani. «Il Parlamento ha votato in favore dell'impegno del governo per revocare la sua richiesta di aiuto contro l'Isis alla coalizione internazionale», ha annunciato il presidente della Camera, Mohammed Halbusi. Ora è necessaria la firma del premier Adil Abdul-Mahdi, il quale si è già detto grato per l'assistenza Usa, raccomandando però che le 5.200 truppe a stelle e strisce lascino definitivamente il Paese. Qualche ora prima, la coalizione guidata dagli Usa ha informato della sospensione delle sue operazioni. Il ministero degli Esteri iracheno, da parte sua, ha convocato l'ambasciatore americano Matthew Tueller condannando i raid, che «sono stati una palese violazione della sovranità dell'Iraq».

Con il voto del Parlamento le istituzioni di Baghdad hanno suggellato in un provvedimento ufficiale quello che è il sentimento di ostilità nei confronti di Washington e dei suoi alleati che si è diffuso in tutto il Medio Oriente dopo il raid del 2 gennaio. E mentre l'Iran annuncia: «Non rispetteremo più nessuno degli impegni presi con l'accordo del 2015 sullo sviluppo del nucleare» si è fatto sentire anche il leader di Hezbollah, Seyed Hassan Nasrallah, il quale ha rivolto un appello all'Iraq a liberarsi «dall'occupazione americana». «La nostra richiesta, la nostra speranza, è che i nostri fratelli adottino una legge per la fuoriuscita degli Stati Uniti dal Paese», ha spiegato.

Nasrallah ha detto anche di avere incontrato Soleimani una settimana prima della sua uccisione e di averlo avvertito del pericolo: «Gli ho detto che sui media americani si parlava di lui, e che era un avviso di rischio di assassinio - ha ricordato - Lui ha fatto una risata e ha escluso che ci fosse tale possibilità». Nella Repubblica Islamica, invece, nel primo dei tre giorni di lutto proclamati in memoria del generale, una marea umana ha invaso le strade di Ahvaz al grido di «Morte all'America» per il primo corteo funebre in suo ricordo, trasmesso in diretta dalla televisione di stato con lo schermo listato a lutto.

Intanto continua lo scambio di minacce tra Washington e Teheran. «L'Iran sta parlando in modo molto audace di colpire alcuni asset Usa come vendetta perché abbiamo liberato il mondo dal loro leader terrorista. Questo è un avvertimento, se Teheran colpisce americani o asset americani, abbiamo già individuato 52 siti iraniani, che potranno essere attaccati molto rapidamente» ha tuonato il presidente Donald Trump su Twitter. Spiegando che il numero 52 corrisponde «agli ostaggi americani catturati dalla Repubblica Islamica molti anni fa» nell'ambasciata Usa a Teheran.

Molti di questi obiettivi, ha precisato il Commander in Chief, sono «molto importanti per l'Iran e per la cultura iraniana». «Colpire i siti culturali sarebbe un crimine di guerra», ha ribattuto il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif. Mentre l'esercito iraniano ha risposto all'ultima sfida del tycoon esprimendo dubbi sul fatto che gli Stati Uniti abbiano davvero il «coraggio» di colpire i 52 siti.

E come riporta l'agenzia Irna, Teheran ha annunciato la quinta e ultima fase di disimpegno dall'accordo sul nucleare, affermando che che arricchirà l'uranio «senza più restrizioni».

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