Magistratura

La solitudine di Tarfusser e il silenzio delle correnti

La solitudine di Tarfusser e il silenzio delle correnti

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La solitudine di Tarfusser e il silenzio delle correnti

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«Se non avessi chiesto la revisione del processo non ci avrei dormito», dice il giudice Cuno Tarfusser a Tv7, lo speciale Tg1 (diretto da Gian Marco Chiocci) andato in onda ieri notte. L'intervista al sostituto pg di Milano è uno scoop, vista la riservatezza dell'ex giudice dell'Aja, anche perché Tarfusser è sotto procedimento disciplinare al Csm per aver disobbedito al regolamento organizzativo deciso dal suo capo Francesca Nanni. Al di là dei tanti dubbi sulla strage di Erba dell'11 dicembre di 17 anni fa e del solito derby tra colpevolisti (all'inizio tanti, oggi sempre meno) e innocentisti, confortati dalle inchieste televisive delle Iene e il podcast Il grande abbaglio su Youtube), il milieu giornalistico perbenista - dal Fatto alla Stampa - ha stranamente sparato a palle incatenate contro il sostituto Pg. Persino la Procura di Como si è ribellata, lamentando un'ingerenza che in teoria è legittima, ma tant'è. Nell'intervista di Alessandro Gaeta, il magistrato originario di Bolzano dice di voler rifuggire dalle solite etichette («Io mi pongo nell'ottica del pm») quando ha analizzato le tre prove che hanno incastrato Olindo Romano e Rosa Bazzi (confessioni, riconoscimento e macchia di sangue): «Colpevolisti e gli innocentisti tendenzialmente non hanno studiato gli atti, ragionano di pancia - dice Tarfusser - io ho studiato gli atti. Se non avessi fatto la richiesta di revisione non sarei stato più sereno con me stesso, col mio dovere, con la mia deontologia». Sullo scontro tra Tarfusser e la Nanni né l'Anm né il ministero né il Csm hanno ritenuto di dover intervenire a tutela di alcuno, ma il braccio di ferro tra i due attiene al cuore del problema: l'autonomia del singolo magistrato, apparentemente così cara a chi si batte per la giudice Iolanda Apostolico. In attesa di capire cosa succederà, spiace vedere che il generoso riflesso corporativo delle toghe scatta solo di fronte a magistrati «amici», un po' incauti sui social o nelle piazze.

Non con un giudice dallo standing indiscutibile che ha scelto la legge e la coscienza, non di nascondersi dietro un cavillo.

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