Mondo

Solo una copia Ma i simboli fanno la Storia

Solo una copia Ma i simboli fanno la Storia

Attraversarlo intimoriva, come sempre intimoriscono i posti di controllo con uomini in divisa. Il Checkpoint Charlie, però, di più: non era un semplice passaggio da uno Stato all'altro, con un solo passo ci si trasferiva da un mondo all'altro, dall'opulenta Berlino Ovest democratica, godereccia alla cupa, comunista Berlino Est. D'improvviso cambiava tutto, gli edifici, le facce, i vestiti, i suoni, il senso della vita. Erano due mondi in conflitto, che sembravano - erano - sempre sull'orlo di una guerra. Di qua il paradiso, di là l'inferno, con l'aggravante che ognuno dei due mondi sembrava convinto che l'inferno fosse l'altro. Ora pare che quel punto della memoria umana scomparirà, perché Berlino ha più bisogno di nuovi palazzi che di memoria. Con tutta la comprensione per i problemi edilizi, non ne sono così sicuro. Basta vedere quanta gente si affolla in quel luogo, intorno al baracchino che è una fedele ricostruzione del Checkpoint, l'originale è già da tempo dentro un museo. Fa niente, anche i falsi vanno bene, per rievocare la suggestione di un passato drammatico, epocale: una volta tanto è davvero il caso di usare questa parola abusata. Lo sanno bene gli uomini che (come da noi i finti gladiatori intorno al Colosseo) campano la vita vestendosi da soldati dell'est, per farsi fotografare a pagamento dai turisti. La storia, come la vita. È fatta di emozioni, di realtà e di finzioni. La statua di Giordano Bruno - messa dopo tre secoli in Campo de' Fiori, proprio là «dove il rogo arse» - vale a ricordarlo, ahinoi, più di tutta la sua opera. Ricreare la storia non è un falso, è una memoria, e a poco vale appellarsi alla sua importanza «per non ripetere gli errori del passato», se di quella memoria si distruggono i simboli più forti. Milioni di persone hanno provato un'emozione, davanti al falso Checkpoint, e le emozioni possono produrre molto di buono.

Ce lo racconta Lucio Dalla che, seduto su una panchina lì accanto, scrisse in mezz'ora una delle sue canzoni più belle pensando «ai russi e agli americani»: «Nascerà e non avrà paura nostro figlio / e se è una femmina si chiamerà Futura».

Commenti