Politica

Il sospiro di sollievo del governo: Mps non sarà salvata dallo Stato

Sofferenze e aumento di capitale, al lavoro Atlante e Jp Morgan

Il sospiro di sollievo del governo: Mps non sarà salvata dallo Stato

Milano - «Il sistema bancario italiano non ha bisogno di un intervento diretto dello Stato ma è perfettamente in grado di implementare soluzioni di mercato sostenibili ed efficaci», ha detto ieri il ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan, durante il question time alla Camera. Tradotto: nessuna garanzia pubblica, il Monte dei Paschi lo salveremo con i soldi dei privati. Ovvero grazie al sostegno del fondo Atlante, che sta mettendo in piedi la maxi cartolarizzazione di sofferenze dell'istituto senese. Ma comunque appoggiandosi alla garanzia pubblica (Gacs) per le cosiddette tranche senior delle sofferenze. Quanto all'esito degli stress test atteso per venerdì sera a Borse chiuse, Padoan ha ricordato che i risultati possono indicare «singoli casi di criticità». E torniamo al Monte, occhio del ciclone bancario e pericolosa nemesi per il Pd che alle vicende senesi è particolarmente «affezionato». Non a caso, per evitare rivolte di obbligazionisti imbufaliti e cartellini gialli da Bruxelles, lo stesso Renzi ha accettato con piacere la corte delle banche d'affari subito corse - o accompagnate dai consiglieri economici del premier - a Palazzo Chigi ciascuna con la cura miracolosa per il «mal di banca».

Particolarmente fruttuoso sembra essere stato l'incontro fra il presidente del Consiglio e il numero uno mondiale di Jp Morgan, Jamie Dimon. Il colosso americano sarebbe infatti pronto a coordinare insieme a Mediobanca al consorzio delle (almeno) sei banche d'affari internazionali pronte a scendere in pista entro lunedì con un consorzio di garanzia per l'aumento di capitale che Mps dovrà varare nei prossimi mesi (l'importo, fra i 4 e i 5 miliardi secondo le ultime voci, è condizionato al prezzo di cessione dei 27 miliardi sofferenze lorde cui sta lavorando Atlante). Non solo. Visti i tempi tecnici per ottenere le garanzie pubbliche (Gacs), la stessa Jp Morgan starebbe costituendo un prestito ponte insieme a un pool delle stesse banche. Di certo, domani il Cda del Monte varerà insieme alla semestrale anche il piano sul capitale rispondendo alle richieste della Bce. Qualche ora prima del verdetto degli stress test. Mercoledì prossimo, invece, Padoan tornerà in Aula alla Camera per fornire un'informativa urgente sul sistema bancario e in particolare sul Monte.

Qualcuno, intanto, a Siena osserva che in passato la banca Usa non ha portato molta fortuna al Monte. Il riferimento è al 2008 quando la Fondazione aveva investito 490 milioni nel prestito obbligazionario convertibile, il famoso «Fresh 2008» da 960 milioni che, insieme con l'aumento di capitale da 5 miliardi, era servito a finanziare l'operazione Antonveneta. Con la garanzia di chi? Di Jp Morgan che alla fine ereditò anche una piccola quota del Monte (senza diritti di voto) poi azzerata nel 2014.

E chi era direttore generale del Tesoro al tempo del blitz su Antonveneta? Vittorio Grilli, oggi capo della divisione Corporate and Investment Banking per Europa, Medio Oriente e Africa di Jp Morgan.

Commenti