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Spaccature e ribellioni in Calabria, nuova grana per Zingaretti e Di Maio

Pd e Movimento alle prese con le rivolte interne. Il capo politico se ne lava le mani e chiede ai parlamentari di scegliere. Il segretario dem fa i conti con il governatore Oliverio, ricandidato contro la sua volontà. E subisce l'attacco di Bruno Bossio: “Nicola è guidato da Gratteri”

Spaccature e ribellioni in Calabria, nuova grana per Zingaretti e Di Maio

La Calabria è il buco nero che rischia di risucchiare Di Maio e Zingaretti. E di incidere sulla stessa tenuta del governo giallorosso.

La disfatta umbra è niente in confronto a quello che potrebbe succedere a sud del Pollino, dove Movimento e Pd devono fare i conti con ribellioni interne quotidiane e spaccature dagli esiti imprevedibili.

Particolarmente critica è la posizione dei 5 stelle, con Di Maio che, sulla scorta di quanto già fatto in Emilia Romagna, si è sostanzialmente scrollato di dosso la responsabilità di decidere le alleanze per le Regionali, demandandola ai 17 parlamentari calabresi. A loro il leader politico ha chiesto di ricevere una risposta su cosa fare entro l'inizio della prossima settimana.

Il guaio è che il Movimento calabrese è lacerato dai dubbi e oscilla dalle posizioni del senatore Nicola Morra, che rifiuta in modo categorico l'alleanza con il Pd e vorrebbe che i 5 stelle non presentassero alcuna lista, a quelle del deputato Riccardo Tucci, favorevole a un accordo con i dem ma a patto che sia garantito da una figura civica come quella dell'imprenditore Pippo Callipo.
In realtà quella di Tucci è una posizione minoritaria all'interno del Movimento, i cui attivisti vedono l'alleanza con il Pd come una sorta di patto con il diavolo.

Di Maio sembra essere consapevole del pericolo che si annida nel voto calabrese: Il Movimento, da solo, rischia di fare flop e di non arrivare nemmeno alla soglia dell'8%, necessaria per entrare in consiglio regionale; ma l'intesa con il Pd significherebbe sconfessare la linea tenuta fino a ora dai pentastellati calabresi, che in questi anni si sono sempre contraddistinti per una ferma opposizione al governo di centrosinistra guidato dal dem Mario Oliverio.

Ed è proprio quest'ultimo a togliere il sonno a Zingaretti. Sulla ricandidatura di Oliverio pende da tempo il veto della segreteria, che punta al “rinnovamento” e che, nei giorni scorsi, avrebbe indicato un candidato gradito ai 5 stelle come lo stesso Callipo per favorire un patto giallorosso anche in Calabria.

Il guaio è che Oliverio a farsi da parte non ci pensa proprio, anzi. Ieri un pezzo del Pd calabrese si è ribellato ai diktat del Nazareno e ha sancito in modo ufficiale la crisi. La Direzione provinciale di Cosenza ha infatti approvato un documento con il quale sfida apertamente la segreteria Zingaretti e ricandida il governatore alla presidenza della Regione.

Ormai è un muro contro muro, in uno scontro che non risparmia nemmeno colpi velenosi. Come quello della deputata del Pd Enza Bruno Bossio che, nel tentativo di difendere Oliverio, è arrivata ad affermare che il suo stesso segretario sarebbe eterodiretto dalle procure: “È Gratteri (procuratore di Catanzaro, ndr) che ha ordinato a Zingaretti di non ricandidare il presidente uscente”.

Affermazione grave a cui è subito seguita quella del responsabile nazionale del Pd per il Mezzogiorno Nicola Oddati: “Vorrei dire a Bruno Bossio che il procuratore Gratteri ovviamente non ha suggerito nulla a nessuno. Ed è molto triste e grave che si ricorra a questi metodi per alzare polveroni e fuggire dalla realtà”.

Questo è il clima interno al Pd, spaccato come e quanto il Movimento.

E a gennaio si vota, forse non solo per la Calabria.

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