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Sparito un milione di euro. Così finisce il sogno grillino

Di Maio prova a minimizzare: qualche mela marcia. Pure Buccarella si autosospende: "Fatta una leggerezza"

Sparito un milione di euro. Così finisce il sogno grillino

Cede la diga. Il «buchino» di circa 100mila euro su 23 milioni e passa con l'incidere delle ore diventa foro, voragine, inondazione che rischia di trascinare nel fango i sogni grillini dell'onestà e della trasparenza. La restituzione «obbligata», fiore all'occhiello dei parlamentari Cinquestelle che si sono impegnati (e vantati) di donarli a un Fondo per il microcredito alle imprese istituito presso il Ministero dell'Economia, è diventata la spada dell'harahiri. Complice la desolante disorganizzazione e improvvisazione che regna attorno al samurai Giggino Di Maio, ancora ieri abbarbicato a concetti così elementari da testimoniarne la modestia, l'inadeguatezza. Dopo l'annunciata espulsione di Martelli e Cecconi, i primi due parlamentari pizzicati dalla Iene a truffare su bonifici e rendicontazione, il Capo politico ieri mattina ancora pensava di poter tenere sotto controllo la situazione. «Questo è un Paese strano... Restituisci 23,1 milioni e la notizia è che manca lo 0,1!». Logica minimizzatrice che sembrava reggere, almeno fino a quando la cifra «mancante» dal Fondo è rimasta confinata nei 100mila euro dei due inadempienti (uno, addirittura, s'era giustificato con «gravi problemi familiari», come a scuola). Ma con il passare delle ore la cifra sembrava crescere come una variabile impazzita. Fonti grilline utilizzavano un'altra di quelle scuse da asilo Mariuccia che fanno temere il peggio: «Abbiamo sbagliato i calcoli, il dato visibile su tirendiconto.it non corrisponde alle tabelle del Tesoro... A occuparsi delle rendicontazioni, centinaia e centinaia, c'è un unico tecnico che ha commesso degli errori...». Giarrusso invece esultava, dopo aver verificato i propri rimborsi: «Un funzionario della banca ha fatto un errore, ma i rimborsi ci sono, puntuali e precisi!».

Non così per Buccarella, che aveva giurato davanti alle telecamere di essere in regola: in serata si autosopendeva da M5S. Tutto ormai assumeva contorni incredibili o surreali. Durante la febbrile corsa all'oro (mancante), tra conti dei parlamentari e degli eurodeputati, i vertici di M5S chiedevano lumi al Ministero. Da 300mila euro a mezzo milione, quindi un milione: la somma «mancante» dal Fondo assumeva via via sembianze di valanga, altro che pochi e isolati mariuoli. «Non conosco i nomi, ma le mele marce sono fuori dal M5S», s'arrabbattava il povero Di Maio, contestato persino da alcuni disoccupati nel martoriato quartiere di Scampia. «Abbiamo chiesto gli accessi al Mef, verificheremo, daremo cifre esatte on-line entro 48 ore, fino all'ultimo centesimo...», balbettava. Eppure lo scandalo sembrava far crollare uno dei bastioni della propaganda grillina: per la campagna elettorale in corso, una Waterloo. La voce di Di Maio, sempre più flebile, cercava soccorso nelle magagne altrui. «La cosa che mi fa rabbrividire è che Renzi ci faccia la morale. Restituiscano prima 23 milioni pure lui e il Pd e poi cominci a parlare». Beppe Grillo tornava in campo, come nei momenti drammatici, comparendogli accanto nel comizio di Torre del Greco. I parlamentari intanto venivano convocati d'urgenza oggi a Roma per dimostrare d'essere «puliti». Cioè, in regola.

Per i renziani si trattava di una gioia improvvisa, come la Fiorentina che vincesse lo scudetto d'ufficio. «Ladri di galline, scrocconi, avete le mani nella marmellata, furbetti del bonifico, bugiardi, la restituzione è una farsa...»: insulti e improperi scorrevabno a ruota libera. Godeva nel contempo Liberi e Uguali: Grasso sottolineava come «i grillini abbiano subito una mutazione genetica, non sono affidabili». L'ex Zaccagnini testimoniava di un «gruppo dirigente pieno d'impostori», il ministro Calenda però coglieva il punto: «Ma se non sanno neppure gestire i propri ammanchi, come gestirebbero il Paese?».

Già.

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