Politica

Gli spot su Youtube che finanziano l'Isis

Coinvolti grandi marchi: incassi per i clic

Erica Orsini

Londra Il nuovo modello della Mercedes su un sito che promuove l'Isis, le raccolte di fondi per l'organizzazione benefica Marie-Curie che annunciano un video neonazista e si potrebbe andare avanti per un bel po'. Sono centinaia i nomi delle aziende e delle associazioni senza scopo di lucro che, attraverso la pubblicità online dei loro prodotti, finanziano del tutto involontariamente siti terroristici, razzisti e pornografici. Nella rete sono cadute persino istituzioni culturali e università. A rivelarlo ieri, un'inchiesta esclusiva del quotidiano The Times che mette a fuoco il lato oscuro e sconcertante della promozione in internet. Una pratica illegale che garantisce a chi posta il video di guadagnare migliaia di sterline al mese. Una pubblicità che appare su un video di Youtube, ad esempio, porta in media circa 6 sterline ogni mille visite. Se si pensa che i filmati più popolari di alcuni gruppi estremisti raggiungono anche il milione di visite, il conto è presto fatto. Molto più difficile sembra essere, invece, il blocco di un simile fenomeno, dato che le liste nere dei siti illegali o inappropriati finora si sono rivelate del tutto inefficaci.

Le grandi agenzie che si occupano di piazzare gli spazi pubblicitari per conto dei loro clienti assicurano trasparenza assoluta, ma sono molti a sospettare del loro operato. Alcune delle società più importanti sono già state accusate di guadagnare troppo sulla pubblicità online attraverso trucchetti non proprio limpidi e di non fare assolutamente nulla per evitare che la promozione appaia nei siti che incitano all'odio o promuovono la pornografia. Alcune aziende hanno già dichiarato di stare facendo il possibile per risolvere il problema, ma fino a che i video non vengono etichettati all'interno della rete come inappropriati, ogni sforzo si rivela inutile. Dopo che lo stesso Times ha informato Google - che gestisce anche la piattaforma di Youtube - della gravità del fenomeno, alcuni video sono stati tolti.

«È nostra prassi abituale rimuovere tutti i filmati che infrangono le nostre regole», ha spiegato un portavoce di Google.

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