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Sprechi e disservizi. L'Atac dei disastri lascia a piedi la Raggi

L'azienda è in preda al caos e il traffico va in tilt. La sindaca M5s sempre più nel pallone

Sprechi e disservizi. L'Atac dei disastri lascia a piedi  la Raggi

Cronaca di una morte annunciAtac. Il trasporto pubblico a Roma agonizza, il dg dell'Atac Bruno Rota se ne va sbattendo la porta e paventando raccomandazioni dei «soliti noti» (il nuovo prescelto dalla Raggi è Paolo Simioni, presidente e Ad, e il sindaco moltiplica il Cda portandolo da uno a tre componenti), il debito aumenta di centinaia di milioni di euro l'anno, i fornitori scalpitano, il servizio perde colpi, la linea A della metropolitana chiude sette stazioni fino a settembre e, oltre al traffico in tilt considerata la stagione, anche gli inciampi si moltiplicano. Il tutto mentre incombe il referendum dei Radicali che vorrebbero, con molte ragioni, spezzare il nefasto monopolio della tpl capitolina sfilando il servizio all'Atac per metterlo a gara, aprendo alla concorrenza.

E la raccolta firme, a quanto pare, sarebbe ormai prossima a raggiungere il traguardo. Come nel romanzo di Marquez, insomma, tutti sanno tutto, ma il finale tutt'altro che lieto sembra ugualmente ineluttabile.

A scandire l'agonia di cui sopra e l'ennesima magagna per il sindaco pentastellato è la stessa azienda di trasporti. Che su Twitter, con l'account «infoAtac», eroga le notizie che riguardano linee e rete.

Con esiti che sfiorano il grottesco. Ieri, per dire, ha aperto la giornata informando sulla «non attività» di sette linee, causa «indisponibilità vetture» (alcune riattivate dopo qualche ora), per poi proseguire nel pomeriggio con la soppressione di diversi treni urbani e con la deviazione di alcune linee causate da «guasto tecnico a tram».

Un giorno di ordinari disservizi, come i romani - e i turisti - loro malgrado sanno bene, costretti a fare i conti, per spostarsi, con le inefficienze di un servizio che definire non all'altezza di una capitale europea è un dolce eufemismo. Come ricorda l'immagine della povera donna bielorussa incastrata nella porta di un convoglio della linea B e trascinata per centinaia di metri mentre il macchinista, intento a mangiare, non s'era accorto di nulla.

Elencare le magagne dell'Atac, come promettere di metterci mano, somiglia a tessere la tela di Penelope, un esercizio che tende all'infinito. E ogni giorno la lista si allunga. Sabato, per dire, al Tuscolano un bus della linea 657 è stato coinvolto in un incidente. E i vigili intervenuti hanno scoperto che il mezzo aveva l'assicurazione scaduta da un mese, vedendosi costretti a sequestrare il bus. Roba da fantascienza, che la dice lunga sulla mancanza anche degli automatismi più scontati per un'azienda con più di diecimila dipendenti.

Non tutti impeccabili, vista l'inchiesta - rivelata dal Messaggero - sui permessi sindacali. La procura di Roma ipotizza il reato di truffa per 15 lavoratori dell'Atac. Avrebbero sforato il monte permessi di 11mila ore, e in tre avrebbero saltato del tutto un intero anno di lavoro, il 2015, risultando «in distacco continuativo senza alcuna giustificazione».

Il sospetto, ancora da accertare, è che con tutto questo tempo libero - e retribuito - qualcuno dei presunti furbetti si sia dedicato a un secondo lavoro, giusto per arrotondare un po' le entrate. Non certo l'unica inchiesta: è di metà luglio la chiusura indagini relativa all'affidamento senza gara del servizio mensa e ristoro (un affare da 30 milioni di euro) all'associazione «Dopolavoro Atac Cotral», che potrebbe presto vedere alla sbarra per abuso d'ufficio 17 componenti del consiglio di amministrazione di Atac e Cotral.

Chissà, in caso di referendum, che cosa sceglieranno i romani.

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