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Stadio, la Raggi coglie l'assist "La sovrintendenza dice no..."

Il sindaco frena: incide sulla valutazione dell'impianto L'ombra della faida nel Pd dietro il veto a sorpresa

Stadio, la Raggi coglie l'assist "La sovrintendenza dice no..."

U na risata lo seppellirà. Chiuderà in un cassetto il progetto del nuovo stadio della Roma e le sue polemiche. Virginia Raggi, sindaca di Roma, ieri mattina ha alzato il telefono, ha parlato con i suoi più stretti collaboratori e ha iniziato a ridere. «Pronto, Virginia, hai visto questa roba della Soprintendenza? Certo che hai anche un gran... Scusa, volevo dire: hai una bella fortuna». E lei giù, una risata, una girata di capelli dietro le orecchie e la sensazione che almeno questo fine settimana sarebbe stato meno peggio rispetto agli ultimi. In serata prende atto pubblicamente, e serenamente, dei «nuovi elementi che incidono sulla valutazione».

L'altolà dei Beni Culturali sul nuovo stadio della Roma potrebbe affossare definitivamente il progetto di Tor di Valle. Una manna per riappacificarsi con l'ala dura M5S. «Noi non c'entriamo nulla», giurano i pentastellati. E nella Capitale sono in parecchi a credergli, dal presidente romanista James Pallotta al costruttore Luca Parnasi. Entrambi hanno accolto la notizia con ragionevole disperazione. Ed è già in programma un incontro con Luca Lotti, ministro dello Sport, il più fedele tra i fedelissimi di Matteo Renzi. Lotti è infuriato, come loro, più di loro. Perché la querelle di Tor di Valle scrive un nuovo capitolo nella guerra interna al Pd. Guerra tra renziani e tra ex renziani, solita storia, nuova imboscata. «Questa è un'idea di Franceschini, un soprintendente non può decidere una cosa del genere a Roma, senza avvisare prima il ministro dei Beni Culturali», è stato il primo ragionamento di Lotti. Il ragionamento fila, lo stop di Franceschini cercherebbe anche di ristabilire vecchi equilibri tra i poteri forti della Capitale. Con buona pace di chi dal business a Tor di Valle era rimasto fuori. E magari in futuro spera di tornare in gioco per un nuovo impianto, altrove. Con buona pace di chi si era visto tagliar fuori dal «no» alle Olimpiadi di Roma 2024, appuntamento sul quale il costruttore Caltagirone aveva «sentimentalmente» investito molto. Questo pensano i grillini romani e pure il ministro Lotti. La storia potrebbe finire qui. Venerdì sera il ministero dei Beni Culturali ha inviato il parere che è già sul tavolo del Gabinetto del Sindaco e della Conferenza dei Servizi. Tutto dopo le 18, di venerdì, alla faccia di chi sostiene che i funzionari ministeriali battano la fiacca. Dicono ai Beni Culturali: vanno tutelate le tribune del vecchio ippodromo, che è stato realizzato per le Olimpiadi di Roma 1960 e su progetto dell'architetto Julio Garcia Lafuente. «È un esempio rilevante di architettura contemporanea», scrive la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Questo, in verità, la giunta l'aveva previsto: le tribune sarebbero state conservate sotto una grande teca di vetro. Ma nel nuovo altolà c'è una novità di assoluta rilevanza. Il parere degli uomini di Franceschini non vincola più solo le tribune, ma tutta la «particella» di terreno adiacente al vecchio ippodromo. Quella dove doveva sorgere il nuovo stadio. «Vietato costruire edifici più alti delle tribune disegnate da Lafuente», scrive la soprintendenza. Spostare lo stadio in un'altra zona di Tor di Valle? «Significherebbe sistemarlo al posto di edifici commerciali. Già erano state abolite le tre torri, con una riduzione da 900 a meno di 700.000 metri cubi. Così si scenderebbe a circa 400.000 metri cubi. Quello che chiedeva l'ex assessore Berdini, quello che ora vogliono la deputata Roberta Lombardi e la base grillina. Per questo sembra opera nostra, ma non è così», giurano in Campidoglio. Poi, in una nota, fanno sapere che non è impossibile per la sindaca di Roma opporsi al parere del ministero dei Beni Culturali. «Ne prendiamo atto».

Diavolo di un Franceschini.

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