Cronache

Stalker offre 1.500 euro. Lei rifiuta la "mancia", lui prosciolto e libero

Effetti della giustizia riparativa: la vittima non può opporsi. L'avvocato: "Umiliazione"

Stalker offre 1.500 euro. Lei rifiuta la "mancia", lui  prosciolto e libero

Torino - Bastano 1.500 euro per essere assolti dall'accusa di stalking. Per il tribunale di Torino la cifra è sufficiente per ripagare i danni psicologici di una ragazza che è stata perseguitata e seguita, giorno e notte, quando andava al lavoro o dal fidanzato, a fare la spesa o rientrava a casa. Ovunque andasse, quell'uomo era lì, come un'ombra minacciosa, fino a quando lei non decide di denunciarlo per «atti persecutori». E qui, oltre al danno, la vittima riceve anche quella che lei stessa considera una beffa. Il suo stalker - Daniele Simone, 39 anni, residente in Piemonte - viene rinviato a giudizio ma, durante l'udienza del rito abbreviato l'imputato offre a riparazione del danno 1.500 euro. La ragazza, 24 anni anche lei piemontese, rifiuta quella cifra, considerata una presa in giro per tutti i giorni trascorsi nel terrore a guardarsi le spalle e a fuggire da quell'uomo. Il gup, Rosanna La Rosa, però, ha deciso in maniera contraria alla volontà della vittima di stalking e le ha imposto di accettare il denaro, valutandolo «congruo», disponendo il versamento della somma su un libretto di deposito intestato alla donna. E quindi ha dichiarato «estinto il reato per condotte riparatorie».

La parte lesa ora si sente vittima due volte: dello stalker e dall'obbligo di accettare un atto di riparazione che per lei non ripara un bel niente. La sentenza di uno dei primi casi in cui è stato applicato il nuovo istituto sulla giustizia riparativa, è stata criticata dal presidente della commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti: «È stato tradito lo spirito della legge, stiamo valutando in accordo tra Camera, Senato e Governo se togliere lo stalking dalla giustizia riparativa, il cui scopo - ha precisato - non è eliminare i fascicoli dal tavolo degli uffici giudiziari. Piuttosto deve valutare la congruità di un risarcimento integrale e quindi la volontà dell'imputato di riparare e di riconnettersi con la società. È un problema di formazione della magistratura perché è un istituto nuovo: bisogna imparare a maneggiarlo con cura altrimenti si rischia di fare danni». E riferendosi nello specifico alla sentenza torinese, Ferranti ha concluso: «Di fronte a una minaccia insistente tale da indurre l'applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento, è vero che la legge non dà alla vittima potere di veto. Ma deve essere sentita. Le sue ragioni vanno prese in considerazione anche nella sentenza, cosa che è del tutto mancata nel provvedimento torinese».

Critiche aspre sono arrivate anche dai due legali della vittima: «Purtroppo - spiega l'avvocato Marco Bona - la somma ritenuta congrua dal giudice è emblematica di una tendenza al ribasso di una parte della magistratura nella liquidazione dei danni». «Se le finalità della giustizia riparativa sono astrattamente condivisibili - precisa il legale Luciano Vinci - anche per contenere i tempi spesso irragionevoli di un procedimento penale, il rischio di applicazioni distorte e discutibili è concreto. Come nel caso di Torino, che ha stabilito una somma di denaro inadeguata ed insufficiente a riparare il danno vissuto dalla vittima di stalking, che spesso vive giorni segnati dall'angoscia, cambia le proprie abitudini di vita e peggiora la qualità della sua esistenza.

Una somma - conclude Vinci - umiliante che non è solo un'offesa per la donna ma, più in generale, del sistema giustizia».

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