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Stallo sul commissario Sale il nome di Moavero

Stallo sul commissario Sale il nome di Moavero

Roma Tra fughe (Matteo Salvini) e capriole (Luigi di Maio) il governo gialloverde si incarta sulla nomina del commissario Ue che spetta all'Italia. La tregua tra Lega e Cinque stelle, che sembra allontanare per ora i venti di crisi dall'esecutivo, rimescola le carte nella trattativa per la scelta del rappresentante italiano nella commissione guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen. Nel pieno delle polemiche, per il presunto caso di fondi russi dirottati alla Lega, i Cinque stelle accarezzano l'idea di «rubare» al ministro dell'Interno la nomina del commissario. Piano che spinge gli europarlamentari grillini a dare il proprio voto per l'elezione della presidente della commissione Ue. Mentre il Carroccio si defila. E anche il vicepremier Luigi Di Maio spinge: «È il colmo è che la Lega voglia il commissario europeo». Ieri, però, il capo politico dei Cinque stelle, impaurito dall'ipotesi di andare a casa se la tensione con la Lega sale ancora, si cimenta in una formidabile capriola: «Ho sempre detto che il commissario deve essere della Lega, ora la Lega ha tante altre persone oltre Giorgetti e mi dispiace che si sia ritirato. Decideranno loro chi indicare». Il trapezista Di Maio cambia ancora idea e si inchina all'alleato. Mossa che serve a rasserenare gli animi infuocati dei leghisti, dopo gli attacchi grillini sul caso Russia. Però, la risposta del ministro dell'Interno potrebbe essere un «no grazie».

Pare infatti che dopo il passo indietro del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, la Lega voglia rinunciare, definitivamente, a indicare un proprio nome nella commissione. Salvini avrebbe consegnato la patata bollente nelle mani del premier Giuseppe Conte: «Deciderà lui». Scelta che avrebbe almeno due motivazioni: i segnali che arrivano dalla neopresidente non sono positivi, la delega alla Concorrenza potrebbe sfumare; secondo, Salvini, che già ha fatto mancare il proprio sostegno alla von der Leyen, avrebbe mani libere per sparare contro l'Europa. Lasciando la bomba nelle mani dei grillini che passerebbero per alleati dei burocrati.

Una strategia che anche Di Maio (anche se in ritardo) ha intuito, ributtando la palla nel campo leghista. Conte mantiene l'equidistanza tra i due partiti e parla di alto profilo da consegnare a Bruxelles: «Non discuto qui di chi sarà il prossimo commissario europeo, lo devo fare con gli esponenti delle forze politiche e del governo. Cercheremo di trovare il profilo più idoneo a rappresentare l'Italia nella Commissione». Sfumato Giorgetti, salgono le quotazioni di un trasloco del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che aprirebbe poi la strada al rimpasto nel governo. Intanto, i Cinque puntano a consolidare la svolta europeista entrando nel gruppo dei liberali di Renew Europe. Anche se la condizione è quella di mollare la Lega.

A complicare la trattativa con la presidente della commissione Ue, è arrivata l'entrata a gamba tesa dell'ex ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, oggi a capo di Consob: «La presidente della Commissione Ue non dovrebbe dire che sta monitorando i nostri conti come se noi avessimo delegato il nostro potere», poiché siamo all'interno di un sistema che si deve preoccupare dello sviluppo del reddito e della protezione del benessere sociale». A dire di Savona, le affermazioni di von der Leyen sono «politiche» e servono per «dare una risposta a quelli che in Europa pensano che il problema dei conti pubblici italiani sia un problema dell'Europa, mentre dovrebbero considerare l'Italia una risorsa».

E tanto di politica sanno anche le parole del presidente dell'authority che vigila sulla Borsa.

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