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Quella stampa che il bavaglio se lo mette da sola

I giornali di De Benedetti contro la legge sulle intercettazioni: "Ci mettono il bavaglio". Poi questi solerti colleghi si mettono il bavaglio per nascondere le loro porcherie

Quella stampa che il bavaglio se lo mette da sola

Piangono, minacciano di mobilitare le masse e raccogliere firme di protesta. I giornali di De Benedetti, La Repubblica e L'Espresso (e i cugini del Fatto Quotidiano ), sono scatenati contro la legge che dovrebbe mettere ordine all'uso mediatico delle intercettazioni telefoniche. «Vogliono metterci il bavaglio», «a rischio la libertà di stampa», tuonano un giorno sì e l'altro anche. Poi scopriamo che questi solerti colleghi il bavaglio ce l'hanno nel cassetto e se lo mettono volentieri per nascondere ai lettori le loro porcherie e quelle dei loro amici.

Trovare ieri su La Repubblica o sul sito de L'Espresso la notizia dei due giornalisti de L'Espresso indagati per la falsa intercettazione che ha inguaiato il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, era davvero impresa difficile. Poche righe, asettiche e ben nascoste. Un caso classico di autobavaglio della presunta libera stampa. Paginate e titoloni nei giorni del presunto scoop, una breve per dire che si trattava di una bufala.

Tacciono i moralisti a tempo pieno Saviano e Umberto Eco, silente sull'argomento Gad Lerner, il paladino della libera stampa Marco Travaglio si scansa e dedica il suo fondo quotidiano alla multa che due suoi amici hanno preso su Trenitalia per un biglietto irregolare (per la serie: e chi se ne frega). Trenitalia? Per carità, ma qui stiamo parlando di un giornale di De Benedetti che ha tentato un golpe - complice qualche furbetto in toga o divisa - per far cadere un governatore sì improponibile, sì inadeguato, ma pur sempre eletto dalla sua gente.

Ricordo le paginate sulla «macchina del fango» quando pubblicammo la notizia vera sulla condanna per molestie del direttore di Avvenire Dino Boffo, i titoloni sulla condanna del nostro editore Paolo Berlusconi (caso senza precedenti) per la pubblicazione della vera intercettazione telefonica di Fassino che esultava perché «abbiamo una banca». Il solito doppiopesismo di questi maestri di giornalismo che vogliono la libertà di intercettazione per poter scegliere di fiore in fiore tra le carte degli amici magistrati: questa sì, questa no, in base agli obiettivi politici, agli amici. E se non basta, inventarne di sana pianta. Come è successo a L'Espresso con Crocetta, come fece Travaglio con Berlusconi: quel «Merkel culona» attribuita al Cavaliere non è mai esistita. Insomma, di bavagli e bufale le redazioni sono ben fornite.

Soprattutto quelle di sinistra (cioè quasi tutte).

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