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Gli Stati Uniti parlano con i generali ma è un flop. Blinken: "Mosca e Wagner approfittano del golpe"

Mediazione in salita. E i mercenari di Mosca volano dalla Bielorussia a Niamey

Gli Stati Uniti parlano con i generali ma è un flop. Blinken: "Mosca e Wagner approfittano del golpe"

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«Tutte le opzioni sono sul tavolo, nessuna esclusa», dice la Nigeria, presidente di Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, al Niger finito in mano alla giunta militare. Gli Stati Uniti parlano con i golpisti senza portare a casa risultati sostanziali, l'Unione europea spera ancora in una mediazione entro domani, ma la trattativa è in salita. E nessuna opzione - leggasi l'intervento militare minacciato dai Paesi africani - è esclusa, anche se fonti interne riferiscono che «in questa fase non è previsto».

Eppure una soluzione diplomatica non sembra vicina. Il nuovo regime instauratosi con il colpo di Stato a Niamey dice di non poter accogliere per motivi di «sicurezza» la delegazione dei Paesi africani pronta a una visita e intanto ammassa truppe sulla capitale e accoglie mercenari del gruppo Wagner, volati dalla Bielorussia all'Africa occidentale - secondo fonti ucraine - con destinazione finale Niger.

A tre giorni dall'ultimatum dei Paesi dell'Africa occidentale - un intervento militare che non si è poi concretizzato - il colpo di Stato in Niger continua a preoccupare per i suoi risvolti internazionali, con l'Unione europea che lancia l'allarme sui rischi di regolazione degli inevitabili flussi migratori post-golpe. I colloqui tra la delegazione americana e i golpisti sono stati «franchi ma difficili», ha ammesso la numero due della segreteria di Stato Usa, Victoria Nuland, dopo la missione a Niamey, durante la quale è stata rifiutata la richiesta di un incontro con il deposto presidente Mohamed Bazoum e l'invito di Washington a ripristinare l'ordine democratico. Un buco nell'acqua, insomma. Eppure il segretario di Stato americano Antony Blinken ha spiegato quanto gli Stati Uniti siano determinati a ristabilire l'ordine costituzionale in Niger e i golpisti - dice la sua vice Nuland - «comprendono molto bene i rischi per la loro sovranità quando Wagner viene invitato».

La paura di Washington è l'ombra di Mosca nella crisi in Africa, anche se Blinken si dice convinto che il golpe «non sia stato istigato dalla Russia o da Wagner», che pure «hanno cercato di trarne vantaggio». Il problema è cercare di tenere entrambi il più lontano possibile, perché «dovunque sia andato il gruppo Wagner c'è stata morte, distruzione e sfruttamento» e «l'insicurezza è aumentata, non diminuita» - ricorda il numero uno della diplomazia Usa - con il rischio che ci sia una «ripetizione di quanto accaduto in altri Paesi».

Lo prova la reazione di Mosca, che sbeffeggia gli Stati Uniti, esaltando la linea dura dei golpisti in Niger. «Nuland pensava che in Niger le cose funzionassero come in Ucraina», dice la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova a proposito della visita della vice segretaria di Stato Usa, paragonata a quella che fece la stessa Nuland a Kiev, nel dicembre del 2013, durante le proteste di piazza Maidan, in Ucraina. «Gli Usa pensavano che fosse sufficiente portare una busta di plastica piena di biscotti e prendere tutti in giro - insiste la diplomatica russa - Ma il regime da repubblica delle banane insediato a Kiev non può essere trovato in alcun altro posto», ha scritto Zakharova, riportando la crisi in Niger alla sfida con Usa e Ucraina.

L'Europa spera nel vertice straordinario Ecowas di domani, 10 agosto. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani si augura che gli Stati dell'Africa occidentale proroghino l'ultimatum «perché un intervento armato», a cui Tajani si dice contrario, «verrebbe visto come neo colonialismo». Ma il Centro nazionale della resistenza ucraino conferma: «I campi in Bielorussia sono utilizzati da Yevgeny Prigozhin, il fondatore della milizia privata Wagner, per riaddestrare i suoi mercenari e trasferirli nei Paesi africani».

La sintesi: «Wagner agisce come un esportatore di guerra in tutto il mondo».

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