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Lo statista e il turista I due volti di Barack (che non molla l'auto)

Corteo superblindato di 14 vetture a Milano Incontro con Renzi. E in dono un orologio a cucù

Lo statista e il turista I due volti di Barack (che non molla l'auto)

Il fisico per nulla appesantito. Quasi atletico. La mano aperta a salutare e risalutare la folla che lo chiama. Gli occhiali da sole compagni fissi. Barack Obama metà turista e metà statista, sotto il cielo di Milano che si fa azzurro apposta per lui. L'ex Presidente trascorre la prima delle due giornate milanesi in un clima festoso e blindato, con poliziotti, carabinieri e vigili che lo scortano ovunque e transennano gli ambienti in cui sta per arrivare. Obama arriva a Linate poco prima delle 13. i breve il corteo presidenziale, 14 auto e suv, raggiunge il Park Hyatt, uno degli hotel più prestigiosi della città, lo stesso in cui furono ospitate la moglie e le figlie in visita all'Expo.

In attesa della conferenza che terrà oggi in Fiera su alimentazione e salute - con biglietti d'ingresso a 850 euro - l'ex numero uno degli Usa può dedicarsi alle meraviglie della metropoli: la Biblioteca Ambrosiana e il Duomo. L'Ambrosiana è a pochi metri dal lussuoso quartier generale del presidente. Ma una passeggiata a piedi, almeno per oggi, è esclusa. L'uomo forse più potente del mondo vorrebbe prendersi un gelato ma l'idea atterrisce gli apparati di sicurezza. Niente da fare. Un serpentone di mezzi lascia l'albergo, che quasi confina con la Galleria, e raggiunge la vicinissima istituzione. Qui l'ospite si ferma per una mezz'ora: contempla il celeberrimo codice Atlantico di Leonardo da Vinci e il volume di Virgilio con le annotazioni personali di Francesco Petrarca. Poi raggiunge il Duomo. Il sole splende e Obama ripete l'exploit della moglie: sale fra le guglie, mentre in basso le forze dell'ordine svuotano a razzo la cattedrale e tengono a bada i curiosi che lo reclamano, agitano macchine fotografiche, scattano selfie.

L'arciprete Gian Antonio Borgonovo gli regala un orologio a cucù con la forma del Duomo e un messale della liturgia ambrosiana. Lui ringrazia e rientra in albergo. Ma non c'è tempo per riposarsi, il programma prevede molti passaggi e lui li deve rispettare: alle 17.30 in via Grossi si materializza Matteo Renzi. Il passato, anche quello recente, appare già ingiallito come una pagina logora di calendario: a Washington ora regna Trump, l'anti Obama, a Palazzo Chigi si è insediato Paolo Gentiloni che è partito defilato e low profile, ma ogni giorno conquista un centimetro di autonomia dalla casa madre renziana. L'Europa rischia di sfilacciarsi e i potenti discutono fitto del futuro e delle sfide che attendono il continente che fatica a trovare una voce comune. L'Europa è ancora immersa nella crisi da cui l'America sta uscendo più rapidamente e la Ue non ha ancora trovato il passo giusto per gestire il dramma epocale dell'immigrazione. Temi complessi che possono solo essere accennati: per fortuna, a portata di mano c'è Emmanuel Macron che ha appena scalato l'Eliseo portando in dote tutto il suo ottimismo. Macron che sventola la bandiera dell'Europa è il segno che l'epoca degli Obama e dei Renzi, con le dovute differenze, forse non è ancora da archiviare. Quelle politiche inclusive oggi sotto attacco hanno un domani e con loro ce l'hanno l'Europa, l'euro, la collaborazione fra le due sponde dell'Atlantico e una visione del mondo senza muri. Ecco, dunque il colpo di scena alla Renzi: il segretario del Pd estrae dalla tasca il cellulare e compone il numero di Macron. Poi insieme a Obama gli fa i complimenti. Il leader francese è il talismano cui aggrapparsi.

Sotto le finestre del cinque stelle una folla tenace e chiassosa invoca Obama, fra imponenti misure di sicurezza. Qualcuno, nell'eccitazione del momento scambia una distinta signora mulatta per Michelle e urla il suo nome, subito seguita da altri curiosi. Poi l'illusione svanisce. Pazienza. Obama e Renzi salgono sulla stessa auto e si dirigono verso Palazzo Clerici, dove si tiene la cena organizzata dal'Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale. A tavola, insieme a due ex premier, non solo Renzi ma anche Mario Monti, il gotha dell'imprenditoria italiana: Luca Cordero di Montezemolo, Diego della Valle, Marco Tronchetti Provera, John Elkann, Sergio Marchionne e il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta. Davanti a un menu tricolore: prosciutto di Parma, paté di vitello, branzino.

E vini di Franciacorta.

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