Politica

Stile e tessuti sostenibili Se l'ecologia non è gretina

Da Stella McCartney poliestere riciclato e cotoni organici, Sacai stampa il mondo sui suoi abiti

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Parigi L'attenzione all'ecologia comincia anche prima della sfilata di Stella McCartney, quando Vivienne Westwood allunga le mani sui nostri pantaloni blu ed esulta. «Per fortuna non sono jeans: il denim consuma un sacco di acqua» commenta per poi apostrofare con il suo celebre slogan «buy less, buy better» (compra meno, compra meglio) un'ignara fanciulla che sta entrando in sala con in mano un sacchetto di carta decorato dal logo di una nota catena di fast fashion. «Se la tua T-shirt costa meno di un panino devi chiederti perché, come minimo c'è dietro uno schiavo, un bambino che lavora in condizioni spaventose, una fabbrica che non ha impianti di depurazione e vomita le sue schifezze nell'ambiente» continua la grande stilista inglese che da tempi non sospetti sostiene la causa ambientalista.

Proprio per questo è tra gli ospiti d'onore a questa bella sfilata che per la cronaca si svolge all'Opera Garnier sulle cui pareti Stella McCartney fa proiettare uno stupendo filmato di animali nel pieno dell'accoppiamento mentre l'inconfondibile voce di Donna Summer gorgheggia Love to love you baby tra un orgasmo e l'altro. Lo show comincia con un semplice paio di pantaloni a righe bianche e blu sotto un bellissimo blazer beige che da solo potrebbe bastare per far capire quanto sia stata utile l'esperienza di Stella in Savile Row. In realtà c'è di più: una serie di stupendi trench in cotone organico oppure in poliestere riciclato che svolazza felicemente alle spalle delle ragazze. In passerella ci sono anche dei maschi essendo una sfilata co-ed, ma a parte un tipo con pigiama e vestaglia in viscosa sostenibile con una bellissima stampa grafica sicuramente ottenuta da colori atossici. Il 75 per cento della collezione è infatti ecofriendly, «La più sostenibile che sia mai stata creata» dicono le note in sala ricordando che la figlia dell'ex Beatle fin dai suoi esordi nel 2001 non usa pelle, cuoio, pellicce e qualunque materiale di provenienza animale.

Perfino la raffia della nuova e stupenda Logo Bag di forma circolare viene dal Madagascar e sostiene una cooperativa di artigiane che lottano contro la deforestazione. Inevitabile quindi pensare che le piccole creste sulle maniche delle bluse azzurro Oxford o lungo l'adorabile tubino in corda lavorata a crochet, siano un omaggio ai dinosauri visto che secondo gli scienziati ci stiamo avviando a grandi passi verso la sesta estinzione di massa del pianeta. Certo oltre ai vestiti bisognerebbe ripensare anche al sistema di presentarli perché gli sprechi sono all'ordine del giorno e questa follia degli spostamenti continui nelle città soffocate dal traffico è assolutamente demenziale. Ieri per raggiungere lo show di Sacai il popolo della moda ha letteralmente visto i sorci verdi: con Parigi bloccata dal corteo funebre di Chirac ci sono stati ingorghi apocalittici. Per fortuna la sfilata era una meraviglia. Alle prime uscite con la stampa carta geografica-mappamondo che a noi italiani ricorda un po' troppo l'epopea di Alviero Martini Prima Classe, seguono gli spettacolari ibridi di moda creati da Chitose Abe. Il trench-tuta, l'abito assemblato con una vecchia maglia, i pantaloni che diventano una spettacolare gonna a pannelli: tutto l'immaginario sartoriale della bravissima designer giapponese abbraccia il tema della sostenibilità nel migliore dei modi possibili. Del resto ieri sera nella boutique parigina di Pomellato è stato presentato a un selezionato gruppo di ospiti Fashionopolis The price of fast fashion and the future of the clothes il libro-inchiesta scritto dalla giornalista Dana Thomas e per ora pubblicato solo in America e Inghilterra.

Anche per questo la sfilata di Givenchy ci sembra un ottimo esercizio di carinismo attorno all'ego della designer, Clare Waight Keller. Il tema della collezione sarebbe infatti una lettura dei suoi anni di lavoro americani (ha iniziato nel '93 da Calvin Klein, poi è passata da Ralph Lauren approdando infine da Tom Ford, ai tempi di Gucci) in paragone con quelli che ha vissuto e sta vivendo a Parigi. Da brava inglese sintetizza la Francia nel reggiseno di pelle color nude e New York nelle gonne di jeans sdrucite e stinte.

Carino, ma sull'ecologia nel suo caso stiamo a zero.

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