Politica

«È una storia inverosimile Mosca non tratta coi partiti»

L'ex ambasciatore: «Euroscettici pagati dal Cremlino? Non ci credo, i russi fanno affari soltanto con gli Stati»

Carmelo Caruso

«Quando una vicenda di politica internazionale somiglia alla trama di un libro, la prima cosa da fare è esercitare l'arte del dubbio. Non sempre quanto si legge in un libro è necessariamente accaduto». E però, è sempre un libro che si vende... «Ma rimane letteratura e in questo caso bisogna essere prudenti».

E dunque per Sergio Romano prima di cercare l'oro di Mosca, che sarebbe stato promesso alla Lega, è meglio dubitare delle notizie pubblicate dal sito BuzzFeed e non «prenderle per oro colato». Ambasciatore a Londra, Parigi e Mosca, editorialista del Corriere della Sera, Romano ha da poco compiuto 90, magnifici, anni, «che oggi mi permettono di dire che è visibile, in uno scenario infiammabile come quello italiano, l'interesse a sbarazzarsi di un avversario politico. Fino a quando non ci sono prove non credo che ci sia stato uno scambio di denaro fra la Russia e la Lega».

Ma c'è il negoziatore, Gianluca Savoini, che su alcuni giornali è descritto come il più abile tra i leghisti e in altri come il più goffo degli imbucati.

«L'unica cosa che si può dire è che è stato il presidente di un'associazione di amicizia italo-russa e che Salvini abbia smentito rapporti di altra natura con lui».

Uomini come Savoini vengono chiamati «mezzefigure». Le loro relazioni, le loro interferenze, sono solo «mezze millanterie»?

«Il mondo è pieno di figure che immaginano cose e che si lasciano prendere dall'immaginazione. Ma in politica non si può lavorare di immaginazione e io consiglio tutti, in Italia, di tenersi lontano da questo gioco».

Audio e foto dimostrerebbero che Savoini partecipava agli incontri con le delegazioni ufficiali russe e, dalle ricostruzioni, prometteva attenzioni in cambio di denaro. Non manca neppure il petrolio che serve a colorare la storia.

«Numerosi, tanto più in queste circostanze, sono gli uomini che creano bisogni e aspettative ma sempre in termini astratti. Che si sia verificato uno scambio è da dimostrare e al momento non mi sembra sia stato lontanamente dimostrato».

La cornice dell'incontro è quella dell'Hotel Metropol. Più che un albergo sembra una redazione editoriale che pubblica gialli. Avvocati, lobbysti, servizi...

«Conosco bene quell'hotel. Ma qui bisogna, a mio parere, interrogarsi sull'interesse dalla parte della Russia nel mettere fine alle sanzioni che hanno penalizzato la sua economia. E non solo la sua».

La Russia promette denaro ai partiti occidentali per ottenere in cambio la fine delle sanzioni?

«Non c'è dubbio che la Russia stia forzando per mettere fine a queste sanzioni. Se fossi russo lo capirei. Da parte loro c'è molta irritazione e rabbia. Così come non accettano che molti paesi dell'ex impero sovietico abbiano scelto di far parte della Nato. Ma c'è anche un'irritazione italiana».

Da dove soffia?

«Dalla Lombardia e dal Veneto. C'è una corrente di interesse da parte di medie industrie che dalle sanzioni sono state danneggiate. È un problema vero e il partito che ha difeso questi interessi è chiaramente la Lega».

Ieri la subalternità del Pci a Mosca, oggi le sfilate della Lega sulla piazza Rossa e ci fa impazzire il «maledetto» Limonov. Malati di Russia?

«Se c'è un Paese che ha sempre avuto rapporti positivi con la Russia, quello è l'Italia. Un rapporto cresciuto quando il Pci favoriva i viaggi dei giovani quadri. Numerosi sono stati i matrimoni fra italiani e russi. Abbiamo partecipato perfino ai piani quinquennali di Stalin».

A suo avviso è vero che la Russia sta cercando di costruire un'arca di partiti euroscettici con la Lega in testa?

«Non è verosimile. Per una semplice ragione: è vero che la Russia ha i suoi servizi che lavorano dietro le quinte ma, quando si tratta di forzare le relazioni, dialoga sempre e solo con gli Stati. La Russia non si fida dei singoli partiti italiani.

Il loro pensiero è semplice: non si fanno affari seri se non fra Stati».

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