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Quella strana relazione tra la crisi e il sequestro del computer di Siri

Il pc ancora nelle mani dell'ex sottosegretario Se cade il governo slitta l'autorizzazione ai pm

Quella strana relazione tra la crisi e il sequestro del computer di Siri

Il computer, a differenza di quanto si potrebbe immaginare, non glielo hanno portato via. Il 31 luglio scorso, quando su ordine della Procura di Milano, la Guardia di finanza ha messo le mani sul laptop di Armando Siri, senatore della Lega ed ex sottosegretario alle infrastrutture, non ha potuto esaminarne il contenuto perché protetto dalla immunità parlamentare. Così, in attesa della autorizzazione del Senato, d'intesa con gli inquirenti il computer è stato lasciato nelle mani di Siri. Ed ora si trova a costituire una sorta di feticcio, un simbolo di plastica e di silicio delle dietrologie che agitano la notte convulsa della Seconda Repubblica, la crisi-non crisi del governo pentastellato.

Il perché è presto detto: da più parti la brusca accelerazione impressa da Matteo Salvini alla rottura con i grillini è stata messa in collegamento con le paure che nell'entourage del vicepremier leghista circonderebbero l'indagine a carico di Siri, e in particolare i segreti che il computer del senatore potrebbe rivelare nel caso che il Parlamento ne autorizzasse la apertura. Di più: c'è chi, i grillini in particolare, si è spinto ad ipotizzare che Salvini punti a sciogliere le Camere unicamente per impedire il voto del Senato sulla richiesta di autorizzazione inoltrata dalla Procura di Milano. L'esame della richiesta da parte della Giunta per le immunità è stato avviato il 6 agosto, a Siri è stato dato tempo fino al 30 per presentare le sue deduzioni. Poi la Giunta dovrebbe esprimersi e la pratica approdare in aula, dove - con l'aria che tira - un salvataggio di Siri da parte della maggioranza, sul modello del voto che nel marzo negò l'autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti, appare quantomeno improbabile.

La domanda inevitabile, nel frattempo è: cosa c'è davvero nel pc di Siri? L'ex sottosegretario ostenta tranquillità, e nei giorni scorsi ha persino offerto di rendere noti i contenuti dei suoi files in cambio del via libera dei 5 Stelle allo scioglimento del Parlamento. Boutades a parte, la sostanza è che il laptop è in questi giorni è in mano a Siri, non è sigillato, è nella sua piena disponibilità come lo è stato nei mesi precedenti al sequestro, quando la marcia di avvicinamento delle indagini all'esponente del Carroccio era ampiamente preannunciata dalle indiscrezioni di stampa. Insomma se Siri volesse metterci mano, dandogli una ripulita, potrebbe farlo liberamente. Ma di qualunque intervento resterebbero tracce vistose, che - una volta autorizzati dal Senato - gli specialisti di forensic della Procura milanese scoprirebbero subito. E il giallo si infittirebbe anziché diluirsi. Così si può immaginare che Siri si guardi bene dal manomettere il computer. D'altronde l'inchiesta che lo vede indagato per autoriciclaggio dalla Procura di Milano, che ruota intorno a due finanziamenti ottenuti un po' troppo facilmente da una banca di San Marino, ha sempre trovato Siri apparentemente tranquillo, convinto di poter dimostrare facilmente la regolarità delle operazioni. Altra cosa sarebbe se dal computer saltassero fuori elementi utili all'altra e più grave indagine che lambisce Siri e che lo ha costretto alle dimissioni dal governo: l'accusa di essersi messo al servizio della lobby dell'eolico capitanata dal fiancheggiatore mafioso Vito Nicastri. Ipotesi ardite, la connessione caso Siri-crisi? Forse.

Ma che Salvini si senta al centro di un assedio giudiziario, e che questa convinzione ispiri in parte le sue mosse, è più che verosimile.

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