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Lo stravagante bilancio dei grillini: 150 milioni di risparmi, 90 miliardi di spese

Lo stop alle grandi opere sarà un salasso. Ma esultano per vitalizi e Airbus

Lo stravagante bilancio  dei grillini: 150 milioni di risparmi, 90 miliardi di spese

Non ci sono solo i 5 miliardi di interessi in più sul debito calcolati sulla base dell'impennata dello spread, quando i timori per le posizioni del nascente governo Lega-M5s su euro e debito pubblico avevano fatto schizzare l'indice fino a 300 punti base, e in media di 100 in più rispetto ai livelli precedenti. Il costo dell'esecutivo gialloverde - e delle sue promesse - potrebbe rivelarsi molto più alto. Basti pensare che a maggio, quando i titoli di Stato sono finiti nel mirino della speculazione, gli investitori internazionali hanno lasciato sul campo 33 miliardi di euro di btp. Una riduzione dell'esposizione sui titoli di debito nostrani, attestata dai dati dell'ultimo rapporto di Bankitalia sulla bilancia dei pagamenti e posizione patrimoniale sull'estero, che racconta molto della sfiducia verso il Paese e verso la sua agenda politica. Un trend, quello della fuga degli investitori esteri, in atto da tempo, ma che rischia di pesare ancora di più in vista delle scadenze del prossimo anno e in coincidenza con la fine del quantitative easing della Bce. Questo il conto miliardario presentato solo con l'affacciarsi dei legastellati ai palazzi del potere.

Poi c'è stato l'insediamento, sono cominciate le promesse e gli annunci di imminenti stop alle grandi opere già avviate. Alta velocità Torino-Lione, rigassificatore Tap, alta velocità Brescia-Padova: tutte impallinate dalla volontà di «revisione» dei progetti messa nero su bianco nel contratto di governo. Revisione che sa molto di revoca, che potrebbe costare secondo gli ultimi calcoli fino a 60 miliardi tra penali e spese. Tre deriverebbero dalla rinuncia alla Tav, ben 40 dalla marcia indietro sul rigassificatore in Puglia, altri 2,7 se dovesse chiudere il cantiere dell'alta velocità lombardo-veneta.

Oltre ai costi finanziari ci sono quelli in termini di posti di lavoro. Nonostante il sereno (apparente) tornato tra il presidente dell'Inps Tito Boeri e il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, dall'ente non è arrivata alcuna smentita rispetto alla perdita di 8mila contratti all'anno causata del decreto Dignità, provvedimento bandiera del Movimento 5 stelle. Se poi realizzasse anche le cosiddette chiusure domenicali, come da intenzioni, Confimprese ha già avvertito che i posti a rischio sarebbero 400mila. Fin qui le uscite.

Sul fronte entrate, frutto di tagli e risparmi sventolati dai grillini anticasta, per ora ci sono briciole: 40 milioni derivanti dal taglio dei vitalizi alla Camera, congelati cautelativamente in vista di possibili ricorsi, e 108 milioni dall'interruzione del leasing dell'«Airbus di Renzi».

Ieri su Twitter il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli spiegava così la spending review pentastellata: «Qualche solone sui giornali di sistema ci accusa perché dismettiamo inutili aerei d'oro, cda che non applicano regole etiche (riferimento a Ferrovie, ndr), o perché ridiscorriamo grandi opere dispendiose. Ne siamo orgogliosi e andremo avanti con sempre maggiore intransigenza». E poi ci sarebbe un altro miliardo da incassare, ma stime hanno già rivelato che il tesoretto sarà di molto inferiore, grazie al taglio sulle pensioni d'oro sopra i 4mila euro.

Il saldo totale rischia di essere decisamente negativo.

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