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Stretta sui terroristi a Londra: "Mai più condannati in libertà"

Il premier: «I jihadisti a piede libero sono 74. Non vanno rilasciati». La seconda vittima: ex studentessa di 23 anni

Stretta sui terroristi a Londra: "Mai più condannati in libertà"

Il caso di Usman Khan non è isolato. Come il jihadista di 28 anni, ucciso sabato dopo aver accoltellato a morte due persone sul London Bridge mentre si trovava in libertà vigilata, ci sono altri 74 condannati per terrorismo nel Regno Unito, ma a piede libero perché rilasciati in anticipo. A poche ore dall'attacco del lupo solitario, rivendicato dall'Isis, e alla vigilia dell'arrivo di Donald Trump a Londra per il vertice Nato del 3 e 4 dicembre, ci pensa Boris Johnson a gettare altra paura sul fuoco della jihad, sfoderando il dato per farne tema di scontro politico, salvo poi assicurare che lui non continuerà «con l'approccio fallimentare del passato».

Il terrorismo piomba su una campagna elettorale spenta, dominata dai dossier Brexit e Sanità, a dieci giorni dalle elezioni generali del 12 dicembre. Nelle stesse ore in cui il primo ministro parla, la polizia identifica la seconda vittima dell'attentato. È Saskia Jones, 23 anni, ex studentessa di Cambridge, anche lei a Londra perché impegnata per la riabilitazione dei detenuti tramite il programma «Learning Together» della celebre università, di cui era dipendente l'altro giovane ucciso, Jack Merritt, 25 anni.

I cadaveri ancora caldi delle due vittime non frenano, anzi alimentano lo scontro politico, con un prevedibile rimpallo di accuse sul tema sicurezza. «La guerra al terrorismo è evidentemente fallita - attacca il leader dell'opposizione Jeremy Corbyn. I ripetuti interventi militari del Regno Unito in Nord Africa e nel Medio Oriente allargato, Afghanistan incluso, hanno esacerbato invece che risolto» il problema, ha ricordato Corbyn, pacifista di ferro, da sempre contrario alla guerra in Irak e ostile ai raid in Siria. Dalla sua, il leader del Labour ha i numeri, che a Johnson vengono rinfacciati durante una infuocata intervista della Bbc dal giornalista Andrew Marr: il taglio di oltre 20mila poliziotti nei dieci anni di governo conservatore e di quasi 300 tra giudici e corti penali. Il primo ministro declina responsabilità dirette - «sono un nuovo premier, sono al governo da appena 120 giorni, noi avremo un approccio diverso» - e scarica le colpe sui precedenti governi, laburisti in testa, promettendo di inasprire le pene: sentenza minima di 14 anni e divieto di rilascio anticipato, perché «per tutti i crimini di terrorismo le pene devono essere scontate pienamente». Oggetto del contendere è la storia criminale del terrorista Usman Khan, finito in carcere nel 2012, salvo poi essere rilasciato nel 2018. Per Johnson la colpa è della legge introdotta dai laburisti dieci anni prima e che prevede il rilascio automatico dei detenuti, dopo aver scontato metà della pena. In realtà Khan era finito in carcere a tempo indeterminato, grazie al sistema ad hoc creato dai laburisti per i criminali più pericolosi (Ipp) e poi cancellato dal governo Tory-LibDem. Quel che è accaduto è che in appello la pena è stata scontata a 16 anni e solo allora ridotta della metà. «Com'è possibile che non siano stati sentiti gli organi competenti?» contrattacca l'opposizione.

Esattamente come due anni fa, quando alla vigilia del voto dell'8 giugno il terrorismo sul London Bridge cambiò la campagna elettorale (8 morti il 3 giugno), il tema sicurezza riprende quota, mentre i due partiti sono a circa 10 punti percentuali di distacco l'uno dall'altro, con i Conservatori in vantaggio ma il rischio di un Parlamento senza una netta maggioranza.

E da domani c'è l'incognita Trump a pesare sul voto. Il presidente sarà a Londra e non ha mai nascosto le sue simpatie pro-Brexit e l'antipatia per il sindaco della capitale Sadiq Khan, di fede musulmana. In casa tory si temono uscite sopra le righe del leader Usa, mentre Corbyn definisce Johnson «un leccapiedi» di Trump. Gli inglesi hanno già detto la loro in un sondaggio YouGov: l'endorsement del leader Usa rischia di danneggiare il premier inglese invece che aiutarlo.

E infatti l'unica certezza è che Trump vedrà la Regina.

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