Cronache

Stuprò Pamela inerme e fece a pezzi il corpo Ergastolo per Oseghale

I resti del cadavere nascosti in due trolley Il verdetto dopo 5 ore di camera di consiglio

Stuprò Pamela inerme e fece a pezzi il corpo  Ergastolo per Oseghale

Applausi, lacrime e abbracci tra chi amava Pamela e sperava con tutto il cuore che Innocent Oseghale pagasse.

E ieri la Corte di Assise di Macerata ha condannato il nigeriano all'ergastolo e 18 mesi di isolamento diurno per aver violentato, ucciso e fatto a pezzi la diciottenne romana, che aveva incontrato l'assassino dopo essersi allontanata dalla comunità Pars di Corridonia, nel Maceratese, dove si trovava per una grave diagnosi borderline associata alla dipendenza dalla droga.

La sentenza, largamente attesa, è arrivata esattamente sedici mesi dopo l'omicidio e dopo cinque ore di camera di consiglio. E il pusher, jeans, t-shirt scura e giacca della tuta di colore bordeaux, è rimasto impassibile. La Procura, già in prima battuta, aveva promesso che la giustizia avrebbe fatto velocemente il suo corso per uno scempio, che aveva inorridito l'opinione pubblica.

Il corpo di Pamela era stato ritrovato il 31 gennaio a pezzi dentro due trolley abbandonati lungo la strada, in una zona industriale di Pollenza. I successivi accertamenti avevano stabilito che si trattava della giovane scomparsa due giorni prima dalla comunità. La diciottenne aveva lasciato Corridonia grazie al passaggio di un automobilista, con il quale aveva trascorso alcune ore, per poi incontrare un altro uomo, con il quale si era intrattenuta nella notte e dal quale era stata accompagnata alla stazione di Macerata dove l'aspettava il treno per tornare nella Capitale. Ma quel viaggio Pamela non l'ha mai fatto perché è giunta in ritardo. Così ha preso un taxi fino ai Giardini Diaz, nota piazza di spaccio a Macerata. Qui ha incontrato Oseghale, che si è offerto di procurare eroina e l'ha accompagnata in farmacia a compare una siringa.

Grazie alle telecamere di sorveglianza della zona e a un tassista, si scopre così che la romana è ancora viva il 30 gennaio. Ma le tracce si perdono nell'appartamento di via Spalato, dove abita il nigeriano, nel quale trova la morte. È un tassista abusivo camerunese a raccontare di aver dato un passaggio, il 31 gennaio, proprio ad Oseghale e di averlo visto abbandonare due valigie. Una circostanza che lo insospettisce a al punto che il tassista torna indietro da solo per aprire i trolley e scopre che dentro ci sono resti umani. Oseghale viene fermato e nella sua casa vengono trovati i vestiti della vittima, sporchi di sangue, e altre tracce ematiche. Con il passare dei giorni finiscono coinvolti nelle indagini altri due nigeriani, Lucky Awelima, e Desmond Lucky, ma per loro il quadro accusatorio si smonta presto e restano accusati solo per spaccio di droga.

Il 13 febbraio si apre il processo. Oseghale ammette di aver fatto a pezzi la studentessa ma nega di averla violentata e uccisa. Per la procura, invece, ha strumentalizzato Pamela come un giocattolo abusandone mentre era sotto effetto di droga e pugnalandola al fegato perché voleva fuggire e si rifiutava di concedersi e colpendola ancora per poi sezionarla da viva e lavare i resti con la candeggina. Ieri la sentenza ha dato ragione all'accusa. «Soddisfazione, ma si tratta di una soddisfazione triste perché la ragazza non tornerà indietro», ha detto il pm Giovanni Giorgi. «Giustizia per uno è fatta, ora tocca agli altri», ha commentato mamma Alessandra, abbandonandosi a un pianto liberatorio. «Ero ottimista», fa eco il marito Stefano Mastropietro. Ma i legali del nigeriano Umberto Gramenzi e Simone Matraxia, non mollano: «Siamo delusi per la condanna per omicidio e violenza sessuale. Sugli altri reati c'era ammissione di colpa.

Faremo appello».

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