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Sul suicidio assistito ora decide la Consulta: sconfitta del Parlamento

Domani l'udienza. Improbabile che il Parlamento ottenga un rinvio, dato che non esiste nemmeno un testo abbozzato. La richiesta di una legge era arrivata nell'ambito del caso Cappato-Dj Fabo

Sul suicidio assistito ora decide la Consulta: sconfitta del Parlamento

È la sconfitta del Parlamento. Dopo un anno, non ha ancora legiferato sul fine vita. A ottobre del 2018, la Corte costituzionale aveva invitato il legislatore a trovare una soluzione sul tema, date le numerose implicazioni etico-morali. Il Parlamento avrebbe avuto un anno di tempo.

Invece, non c'è traccia di un testo, nemmeno abbozzato, di una norma sul fine vita. E domani, la Consulta dovrebbe pronunciarsi sulla costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale, che punisce il suicidio assistito allo stesso modo dell'istigazione al suicidio.

La revisione della legge sul fine vita era stata presa in considerazione a partire dal caso Cappato, l'uomo che aveva portato Dj Fabo a togliersi la vita in Svizzera. I giudici, però, lo scorso 24 ottobre, avevano individuato una possibile incostituzionalità nella norma e, per questo, avevano deciso di sospendere il giudizio su Marco Cappato, chiedendo al Parlamente di legiferare sul tema entro un anno, prima della prossima udienza, fissata per domani.

Prima di passare la palla al Parlamento, la Corte aveva indicato 4 condizioni necessarie per stabilire, nel caso, la non punibilità del suicidio assistito: il paziente deve avere una "patologia irreversibile", che gli causi "sofferenze fisiche o psicologiche assolutamente intollerabili", che permetta al malato di sopravvivere solo tramite "trattamenti di sostegno vitale", pur essendo "capace di prendere decisioni libere e consapevoli". Solo in caso di verifichino tutte queste condizioni, si potrebbe non punire chi ha aiutato una persona a morire.

La Corte ripartirà proprio da qui. E il Parlamento, cui è stata data la possibilità, per oltre un anno, di legiferare in materia, verrà messo da parte.

Difficile, infatti, che i giudici concedano un rinvio, dato che oltre a non avere nemmeno una bozza del testo, i capigruppo del Senato non sono nemmeno riusciti ad accordarsi sulla calendarizzazione dei progetti di riforma.

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