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Svelato il bluff di Luigi: corteggia ancora la Lega per boicottare Fico

Aperture di facciata a Salvini: l'incarico ampio all'ortodosso vero incubo per Di Maio

Svelato il bluff di Luigi: corteggia ancora la Lega per boicottare  Fico

L'altro giorno, mercoledì, dopo l'incontro della delegazione del centrodestra con l'esploratrice Elisabetta Casellati, uscito dall'ascensore di Palazzo Giustiniani, Silvio Berlusconi appariva come il meno convinto del messaggio, che al mattino Luigi Di Maio e Davide Casaleggio avevano recapitato rispettivamente a Matteo Salvini e a Giancarlo Giorgetti. «Sono caduti i veti» era quello che avevano raccontato i due leghisti agli altri leader della coalizione. E il Cav era stato al gioco, pur non credendoci per nulla. «Avete visto, mentre parlava Salvini davanti alle telecamere - ironizzava Berlusconi con i suoi dopo l'incontro -, non ho mosso neppure un muscolo, per non dare un'impressione sbagliata. Io comunque sono perplesso: ma come possiamo fare un governo con i 5stelle?! Dovremmo, invece, fare un governo del centrodestra e trovare i voti in Parlamento. E con la paura che c'è di elezioni, li troveremmo. Ma lui non vuole». Quel «lui» è Matteo Salvini. Due ore più tardi l'apertura di Di Maio si era dimostrata fuffa: per i 5stelle l'accordo era solo con Lega; e, sicuramente Berlusconi non avrebbe potuto partecipare ad un «vertice» di una siffatta maggioranza. Il Cav ha trattenuto l'ira per 12 ore e, poi, in Molise, è sbottato e questa volta i muscoli li ha fatti vedere davvero: «Io ai grillini non farei pulire nemmeno i cessi di Mediaset».

Per capire i prossimi passi della crisi, bisogna avere chiare in testa le modalità della «falsa apertura» e della «vera rottura» di mercoledì, che sono state il frutto di un Luigi Di Maio in grande difficoltà, che ha tentato di giocare di sponda con Salvini. Invano, perché il tallone di Achille del candidato premier dei grillini è proprio il suo movimento, diviso tra due fazioni in lotta tra loro: da un parte governativi come Di Maio e Casaleggio; dall'altra i movimentisti e gli ortodossi, come Di Battista e Fico, che godono della simpatia di Grillo, e dell'appoggio del network grillino che fa capo al Fatto di Travaglio.

Uno scontro sottotraccia, ma spietato e violento, secondo il costume grillino. Di Maio, infatti, è andato in grande ambasce quando ha capito che il fallimento dell'esplorazione Casellati avrebbe aperto la strada ad un possibile incarico esplorativo a Roberto Fico, o, magari ad un pre-incarico a lui stesso, che lo avrebbe messo, però, alla mercè di Matteo Renzi. Un Renzi che da giorni pregusta quel momento: «Voglio vedere chi dei due - è la sua battuta di qualche giorno fa - verrà a Canossa». Per questo, Di Maio e Casaleggio, in tandem, hanno tentato, con la «falsa apertura», di ridare fiato ad una trattativa già morta, quella con il centrodestra, nella speranza di mettere insieme una soluzione pasticciata: con la speranza di Giggino di poter guidare un simile governo. Insomma, un'apertura condita di qui pro quo. «Ad esempio, a noi - precisava in quelle ore Gianni Letta - l'idea di accettare Di Maio Premier, non ci è mai passata per la testa».

Ma a parte i dubbi nel centrodestra, la verità è che le speranze e i sogni Di Maio si sono infranti sul muro dell'ala dura dei 5stelle. In quelle dieci ore, che vanno dalle 10 di mercoledì scorso alle 18, è successo di tutto nei santuari grillini. «Una qualsiasi apertura a Berlusconi - è il concetto tranchant che avrebbe espresso Fico direttamente a Di Maio - metterebbe in crisi il movimento. Arriveremmo alla rottura tra di noi».

«Ma come facciamo ad avere un qualsiasi rapporto con Berlusconi - si domandava il senatore Morra, uno dei teorici degli intransigenti - se nell'assemblea congiunta dei gruppi, Di Maio ha confermato il veto su di lui?». E lì dentro, su certi argomenti, non si scherza. «L'ipotesi di una rapporto con Berlusconi non è possibile - spiega da giorni Emilio Carelli, consigliere del candidato premier grillino, con un passato in Mediaset non certo a pulire i cessi -: e non per Di Maio. Dentro il movimento la situazione è complicata: Luigi ha dovuto dare la presidenza della Camera a Fico, altrimenti aveva 50 deputati che gli avrebbero votato contro».

Così, malgrado i tanti tentativi di rianimarla (anche nella giornata di ieri), l'ipotesi di un governo 5stelle-centrodestra è morta. Le parole dure del Cavaliere in Abruzzo sono state un modo per evitare un accanimento terapeutico. Solo che con la fine di quest'ipotesi - messa in campo, ma senza tentare, da parte grillina, un minimo compromesso - i vincitori delle ultime elezioni sono «nudi». Certo Salvini e Di Maio possono perseguire - spinti da Casaleggio - ancora l'idea di un accordo a due: la richiesta del leader leghista di avere un mandato è un modo per riproporla. Solo che un'ipotesi del genere comporterebbe la rottura con Forza Italia. E poi chi ha detto che Di Maio accetterebbe di fare il vice di Salvini, o viceversa. Inoltre al Quirinale l'opzione è vista con una certa diffidenza. Un ex-ministro della Difesa come Mattarella, che è sempre stato attento agli umori di Washington, è estremamente freddo sull'ipotesi di dare il mandato di formare il governo a chi si è schierato apertamente con Putin sulla Siria: senza se e senza ma.

«Non credo che Mattarella darà l'incarico a Matteo, ecco perché lui avrebbe fatto bene ad accettare il mio consiglio di fare il Presidente del Senato - sostiene Stefano Candiani, uno dei leghisti con maggiore esperienza - Né mi convince l'ipotesi di andare a cercare una maggioranza in aula come dice Berlusconi: se va male Salvini si brucia; se va bene c'è il rischio che Salvini abbia i voti camuffati del Pd e che il suo governo duri una settimana. Meglio andare al voto presto e mangiarci Forza Italia».

Questo al momento, è lo stato dell'arte: i leghisti sembrano difendere più i 5stelle dei «veti», che Forza Italia. A parte ciò, l'ipotesi di un incarico esplorativo al presidente della Camera, Fico, sempre più attuale, rende nervoso Di Maio. Ieri una delle sue fedelissime, la capogruppo dei 5stelle alla Camera, Giulia Grillo, prima l'ha giudicata «un'ipotesi suggestiva, ma non reale»; poi è tornata sui suoi passi, precisando che «non c'è nessun veto». Sicuramente, però, è una prospettiva che il leader politico del movimento vive male.

Anche perché oltre all'ipotesi di scuola, cioè di un mandato speculare a quello della Casellati, in cui Fico dovrebbe verificare l'ipotesi di un governo 5stelle-Pd, a sentire Dario Franceschini, che con il Quirinale ha ottimi rapporti, per il Presidente della Camera si parla anche di un incarico, sempre esplorativo, più ampio, che riguarderebbe tutte le possibili soluzioni da dare alla crisi. Questa variante complicata, potrebbe, però, essere sostituita da un altro schema: Fico si occuperebbe solo dell'ipotesi di un governo 5stelle-Lega; se fallisse anche quello, Mattarella farebbe un breve giro di consultazioni che si concluderebbero (a quel punto dopo le elezioni del Friuli) con una sua proposta. Magari il famoso governo del Presidente. Ma anche quello avrebbe delle difficoltà.

«Io pur di non votare un governo tecnico - si sfoga Ettore Rosato, il vicepresidente della Camera Pd - darei l'astensione ad un governo di centrodestra. Il governo Monti a noi ci ha rovinato». Già, magari un governo di centrodestra guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti.

Nel casino generale le variabili non mancano mai.

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