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La svolta rossa grillina Di Maio rimane isolato

Vertici M5s allineati al garante. E nel nuovo direttorio non ci saranno fedelissimi del capo

La svolta rossa grillina Di Maio rimane isolato

Nel magma grillino sembra chiara solo una cosa: la linea di Beppe Grillo. Proprio lui che ci aveva abituato a cambi di scena repentini, messaggi oscuri dalla difficile decrittazione, entrate a gamba tesa alternate a passi di lato, è diventato l'unica certezza nella creatura che ha fondato dieci anni fa insieme a Gianroberto Casaleggio. Potrà piacere o meno, ma il Garante sa quello che sta facendo. E ha inserito la freccia a sinistra.

Basta tornare alle cronache del suo ultimo blitz romano. La destra con cui il capo politico Luigi Di Maio ha governato per più di un anno è diventata «pericolosetta». L'accento sulla redistribuzione: «Quando tu hai il 100% di ricchezza in mano al 10% della popolazione vuol dire che è già finita». «Bisogna partire da lì», ha detto Grillo. E ha cercato di ammorbidire la narrazione sulle tasse: «Le tasse che è la politica, servono a orientare il Paese verso qualche cosa». E «noi ci stiamo orientando verso le rinnovabili». Insieme ad altri temi che erano stati messi da parte durante l'alleanza gialloverde, come l'ambiente, il reddito universale, il salario minimo. Che saranno i punti fondamentali del contratto di governo che sarà firmato con il Pd all'inizio del 2020.

Infatti la risposta del segretario del Pd Nicola Zingaretti è stata positiva. Per il leader dei dem le parole di Grillo sono «un passo in avanti verso la direzione da noi auspicata di andare oltre una mera maggioranza di parlamentari». Tradotto: alleanza organica tra il M5s e le forze di centrosinistra. E questa è esattamente la strategia del Garante, sin da quando, ad agosto scorso, ha impresso un'accelerazione alla formazione del governo giallorosso con un post sul suo Blog. Di Maio, con le sue teorie sul M5s «terzo polo», appare quanto mai lontano. Nonostante i sorrisi e le pacche sulle spalle dell'Hotel Forum.

Alessandro Di Battista, che non condivide la linea di Grillo, è pronto a partire per l'Iran con la speranza che l'esecutivo giallorosso crolli in tempi abbastanza brevi.

Fermato il «tutti contro tutti», commissariato Di Maio, c'è da gestire la contingenza. A partire dalle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria. Grillo, spalleggiato da gran parte del M5s, sta premendo per un nuovo voto su Rousseau per far decidere gli iscritti sull'opportunità di andare da soli alleati con liste civiche o accordarsi con il Pd come in Umbria. La paura è di una nuova bocciatura da parte degli attivisti locali che, come ha già detto il capo politico, non vogliono allearsi con il Pd nelle due Regioni.

Gran parte del gruppo dirigente nazionale, invece, pensa che una corsa solitaria possa favorire la vittoria del centrodestra. A favore dell'accordo molti esponenti che un tempo erano molto vicini a Di Maio, dai quali filtrano ragionamenti di questo tipo: «Soprattutto alle prossime Regionali non sarebbe saggio presentarsi da soli». Ovvero, meglio ritentare la carta giallorossa, fallita in Umbria.

Poi c'è la partita della riorganizzazione. C'è chi osserva che «non bastano 12 persone a livello nazionale» e suggerisce di ampliare il nuovo direttorio, sotto la regia di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Nelle ultime ore sta emergendo che Di Maio sulla questione della ristrutturazione del M5s non sta praticamente toccando palla. Nel team potrebbero entrare molti nomi vicini all'universo Rousseau, altrettanti benedetti dal Garante. In una nuova, ma antica, diarchia. Con il capo politico destinato a rimanere sullo sfondo, fermo all'incrocio.

«Beppe» ha già svoltato a sinistra.

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