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Taglio dei parlamentari, c'è il primo sì al Senato

Arriva il primo sì a Palazzo Madama per la riforma del Parlamento che prevede 400 deputati alla Camera e 200 senatori al Senato. Il testo ora va a Montecitorio

Taglio dei parlamentari, c'è il primo sì al Senato

Il Senato ha dato il via libera al disegno di legge costituzionale che taglia il numero dei parlamentari da 945 a 600. Il provvedimento (approvato con 185 sì, 54 no e 4 astenuti) modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione e prevede che i deputati passino da 630 a 400 (di cui 8 eletti all'estero) e i senatori da 315 a 200 (4 all'estero). Inoltre ci potranno essere al massimo 5 senatori a vita in carica.

Il testo deve ora passare alla Camera per l'approvazione definitiva, ma il Movimento 5 Stelle già esulta: "Questa è una giornata storica, posiamo la prima pietra per un Parlamento più efficiente e meno costoso", ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, "In questi decenni tutte le forze politiche lo avevano promesso ma non lo avevano fatto, noi manteniamo anche questa promessa. Avremo un Parlamento meno burocratico e meno costoso, parliamo di mezzo miliardo di euro in meno a legislatura e di 300 mila euro in meno al giorno".

A favore del provvedimento ha votato anche Forza Italia: "Un Sì per riformare la democrazia rappresentativa, non per abrogarla",ha spiegato Gaetano Quagliariello nelle sue intenzioni di voto, "Ridurre il numero dei parlamentari può significare dare al Parlamento più efficienza e più competenza. Non è questione di cadreghe e di stipendi: per ridurre i costi, basterebbe evitare di intasare gli attuali Palazzi di governo e ridurre stipendi faraonici di qualche portavoce. Io stesso, ancor prima che lo facesse la maggioranza, ho presentato un disegno di legge che prevedeva lo stesso taglio, con l'obiettivo di migliorare la qualità delle nostre istituzioni. Il nostro Sì è dunque un'apertura di credito, non daremo a nessuno alibi. Se però tutto ciò si ridurrà a una squallida pagina di antiparlamentarismo, saremo i primi a denunciarlo. Nel prosieguo dell'iter saranno infatti decisivi tre aspetti: la garanzia di rappresentatività per gli elettori, in patria e all'estero; la garanzia di rappresentanza delle minoranze; l'interazione con altre riforme, perchè il referendum propositivo non è un tabù ma deve servire a integrare, non ad abrogare il Parlamento".

Contrario invece il Partito democratico.

Un no "difficile da comprendere visto che hanno passato gli ultimi tre anni a proporre una riforma costituzionale enorme con la scusa di tagliare addirittura il Senato", dice Fraccaro: "Forse quel che ci propinavano non era un risparmio, come avevamo sostenuto noi e come hanno capito anche gli italiani che hanno bocciato quella riforma il 4 dicembre del 2016".

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