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Tanta voglia di proporzionale, ma senza fretta

Il partito del «voto subito» si sta rassegnando. In Parlamento la discussione ristagna

Tanta voglia di proporzionale, ma senza fretta

Roma - Si muove ben poco per una nuova legge elettorale, su cui ieri si è riaperto il confronto in commissione Affari costituzionali della Camera, mentre sembra archiviata la corsa renziana al voto anticipato.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, però, tende la mano alla minoranza: «Non va cercato un punto di incontro - dice a Porta a porta -solo nella maggioranza ma anche nell'opposizione. Penso al percorso fatto anche con Fi». E dice di sperare «ancora che la prossima legge elettorale non sia proporzionale».

Eppure, nella stessa maggioranza, Ncd ha una posizione opposta. «Mi pare evidente che il sistema bipolare e maggioritario sia tramontato. Noi una legge in tal senso l'abbiamo già presentata», dice la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, all'Huffington Post. Il suo partito chiederà «con forza il premio di coalizione e uno sbarramento al 3 per cento per permettere a tutte le voci di avere rappresentatività».

Sempre a proposito di proporzionale, un'altra voce contraria è quella della ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, che in una lettera al Corriere della Sera, riconosce un «errore politico»: nessuno di coloro che hanno lavorato alla riforma costituzionale, poi bocciata dal referendum, colse che nel Paese prevaleva «il primato del principio di rappresentanza», rispetto a quelli di governabilità e stabilità che hanno ispirato il sistema maggioritario. Ora «la parola d'ordine è diventata: proporzionale» e la Finocchiaro dubita che sia «un passo avanti». Ricorda che è stato «storicamente, una delle cause del progressivo aggravarsi del debito pubblico» e considera attuale il paragone tra la nostra situazione e la «crisi in Germania della Repubblica di Weimar».

Intanto, il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino chiedono al Pd e a Matteo Renzi su Repubblica di indicare «come termine elettorale la scadenza naturale della legislatura nel 2018» e affinare, in questi mesi, «una legge elettorale che ci permetta, dopo il voto, di essere in una condizione di governabilità migliore dell'attuale e gestire una legge di bilancio delicata e decisiva per il Paese».

Chi attacca i dem è il M5S. «Il Pd blocca il Paese e impedisce agli italiani di tornare a votare. L'indegna melina che gli esponenti del Pd stanno portando avanti in commissione Affari costituzionali sulla legge elettorale ne è la prova più lampante», affermano i deputati grillini in commissione.

Per loro «le scissioni, le spaccature e le inchieste giudiziarie che coinvolgono il giglio magico, vedi Consip, bloccano l'Italia», mentre «con il Legalicum, sarebbe bastato un tratto di penna per apportare le modifiche emerse dalla Consulta per la le legge elettorale della Camera, estendendole anche al Senato, e si poteva tornare immediatamente a votare».

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