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Dopo la Tari, l'università: ecco un'altra tassa gonfiata

In metà degli atenei chieste rette doppie e anche triple Partiti i ricorsi per i rimborsi: Pavia già condannata

Dopo la Tari, l'università: ecco un'altra tassa gonfiata

Non c'è solo la Tari. La pubblica amministrazione tende abbastanza spesso a sbagliare a danno del contribuente. È il caso delle tasse universitarie. Gli atenei negli anni scorsi non hanno rispettato la previsione legislativa secondo la quale i versamenti effettuati dagli studenti non possono superare il 20% del contributo pubblico ricevuto tramite il Fondo di finanziamento ordinario. Si tratta, tuttavia, di una normativa valida fino al 2013, anno nel quale è stata introdotta una clausola che esclude dal computo le tasse pagate dai «fuori corso» elevando la soglia fino al 27-28 per cento.

I ragazzi non sono, però, condannati a perdere quanto versato in più, proprio come nel caso della Tari. Una sentenza del Consiglio di Stato, emessa nella primavera del 2016, riguardante il ricorso presentato dall'Unione degli universitari (Udu) contro l'Università di Pavia ha sancito che l'indebito deve essere restituito. L'ateneo pavese è stato condannato a risarcire a titolo di contribuzione illegittima circa 8 milioni di euro (1,7 milioni per il 2010, 2,2 milioni per il 2011 e 4,1 milioni per il 2012). E gli altri? Varie cause sono state intentate dall'Udu, in seguito a questa vittoria, e si monitorano costantemente i bilanci delle università del Nord. Secondo l'associazione studentesca, infatti, grandi atenei come la Statale di Milano, le Università di Bologna, di Torino e di Bergamo continuano a non rispettare quei precisi parametri.

D'altronde, dal 2006 al 2016 le tasse universitarie sono aumentate di circa 400 milioni a quota 1,6 miliardi costringendo ogni studente (e la relativa famiglia) a sborsare circa 400 euro in più in ragione del ridotto contributo pubblico. E anche qui c'è analogia con la Tari: è un gioco a somma zero. Poiché i costi sono fissi, se non arriva la sovvenzione pubblica, è il cittadino a dover pagare.

Il problema, tuttavia, è come recuperare l'indebito in quanto non si tratta di un tributo impugnabile tramite istanza di rimborso o ricorso in commissione tributaria. È una tassa commisurata alle entrate di bilancio degli atenei e, come tutti i bilanci, si impugna davanti al Tar entro dieci anni.

Il rischio-prescrizione è pertanto elevatissimo per coloro che volessero recuperare quanto versato in più nel 2007 e nel 2008. Ecco perché lo Studio legale Leone-Fell di Palermo ha stilato una tabella delle richieste esagerate degli atenei. Tra il 2007-2008 e il 2012-13 L'Università di Bergamo ha chiesto in media il 45% in più, l'Insubria di Varese il 38,5%, Ca' Foscari di Venezia il 37,2%, Bologna il 29%, Modena il 26% e il Politecnico di Milano il 22,7 per cento. Poiché le tasse universitarie in alcuni casi raggiungono e superano i mille euro annui, si capisce bene come non si tratti di cifre minime.

Le possibilità sono due. O ci si accoda a una causa delle associazioni studentesche. Oppure si procede individualmente presso il giudice ordinario.

Trattandosi di una causa basata su atti, i tempi per una sentenza dovrebbero essere «relativamente» brevi.

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