Politica

La "tassa" malagiustizia: 640 milioni di euro per gli errori delle toghe

È quanto il Tesoro ha speso dal '92 ad oggi per risarcire le vittime di ingiusta detenzione

La "tassa" malagiustizia: 640 milioni di euro per gli errori delle toghe

Quando una persona finisce in carcere per sbaglio, da innocente, non c'è un prezzo equo che possa compensare quei giorni di prigionia. C'è però un prezzo di Stato, burocratico, per chi subisce la giustizia ingiusta. Nei registri della Corte d'Appello e nel lessico degli addetti ai lavori si chiamano «Rid». Sono le «riparazioni per ingiusta detenzione», gli indennizzi che possono chiedere e ottenere le persone finite in carcere o ai domiciliari e poi prosciolte o assolte.

Secondo uno studio condotto dal sito www.errorigiudiziari.com dal 1992 ad oggi, da quando sono stati versati i primi risarcimenti per ingiusta detenzione, il ministero dell'Economia ha pagato oltre 640 milioni di euro per indennizzare circa 25 mila vittime. A costoro lo Stato risarcisce una cifra massima di 516.400 euro, fissata come tetto massimo per legge, in barba al pieno riconoscimento di un diritto alla libertà sfregiato dagli errori dei nostri giudici.

Solo nel 2015 lo Stato ha speso oltre 36 milioni di euro. Nei primi quattro mesi del 2016 sono oltre 12 milioni di euro i risarcimenti. Un trend in costante crescita e che non tiene conto di almeno altre 30mila vittime della mala giustizia riconosciute innocenti, che si sono viste respingere la richiesta per ingiusta detenzione per dolo o colpa grave, perché secondo i giudici hanno contributo con il loro comportamento all'errore.

Numeri da brividi che fanno nascere spontanea una domanda: ma i giudici che sbagliano sono in qualche modo «puniti»? La legge che regola la responsabilità civile dei giudici, nota con il nome di «legge Vassalli», risale al 1988 ed è stata modificata nel 2015. Dati ufficiali non esistono ma allo stadio attuale dal 1992 ad oggi sono al massimo una decina i giudici condannati in una causa di risarcimento intentata contro lo Stato per un errore giudiziario.

A far esplodere la bolla dei risarcimenti potrebbe essere a breve la vicenda di Ustica, che a distanza di 36 anni aspetta ancora di conoscere i colpevoli del disastro aereo. Nel libro Ustica. Storia e controstoria (Koinè Nuove Edizioni) l'ex deputato Ccd, Eugenio Baresi, riassume in circa 1 mld di euro i possibili costi dovuti ai risarcimenti comminati dalle sentenze civili in barba al dispositivo emesso nel 2007 dalla corte suprema di cassazione penale che aveva negato l'ipotesi del missile come causa dell'abbattimento del Dc9.

Risarcimenti che vanno ad aggiungersi agli indennizzi già riconosciuto ai familiari delle vittime: 200 mila euro a testa e un assegno vitalizio di 1.864 euro netti al mese, con perequazione automatica. Questo grazie ad una apposita legge che prevede anche ulteriori benefici pensionistici e previdenziali per i familiari delle vittime di Ustica, e che fin qui è costata oltre 60 milioni di euro allo Stato.

Numeri incredibili che raccontano casi di ingiustizie quotidiane che devono essere interrotte. «Non è giusto che i cittadini italiani sopportino di pagare errori dello Stato che però bisognerebbe fossero stati commessi», attacca Baresi che nel suo libro cita l'assurdo caso ribattezzato «il risarcimento dello spermatozoo triste»: circa 100 mila euro a testa riconosciute alle figlie di secondo letto di un uomo che sul Dc9 aveva perso la prima moglie.

Casi che potrebbero essere risolti se il governo Renzi desse atto ad una delle tante promesse di questi anni: togliere il segreto di Stato sulle stragi.

Commenti