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Tasse, cavilli e ritardi: così muore un artigiano ucciso dallo Stato esoso

La spina dorsale della nostra economia piegata da mancato credito e fisco vorace

Tasse, cavilli e ritardi: così muore un artigiano ucciso dallo Stato esoso

Fisco, burocrazia, credito e leggi che impediscono di investire, rapporti con la pubblica amministrazione complicati. Ostacoli che complicano la vita alle imprese che rappresentano il meglio del made in Italy. Spesso costrette a chiudere i battenti, poco importa che facciano bene il loro mestiere.

Gli artigiani italiani pagano anni di politiche ostili alle imprese e il boom di chiusure stimato dalla Cgia di Mestre è solo l'ultimo capitolo di una storia antica. Nella ultima manovra ci sono segnali di attenzione, in particolare la cedolare secca e la «flat tax». Ma il conto pagato dalle piccole e medie imprese italiane resta salatissimo.

Gli artigiani chiudono innanzitutto per la difficoltà nell'ottenere credito dalle banche. Dal 2010 al 2017 le somme che gli istituti di credito hanno messo a disposizione degli artigiani sono calate del 35%, passando da 57 miliardi a 37 miliardi. Per le micro imprese fino a 10 dipendenti il credito è un tabù, ha recentemente denunciato Confartigianato. Per ottenere credito conta la dimensione.

Svantaggio competitivo che si replica sul costo dell'energia. Colpa della tassazione sull'elettricità per usi industriali che pesa sulle bollette per il 40,7%. La logica un po' perversa è che meno un'azienda consuma, più paga. Le imprese piccole consumano poco più del 34 per cento dell'energia, ma pagano il 46,3% degli oneri generali di sistema. Le grandi imprese consumano il 19,2% dell'energia ma pagano soltanto il 9,3% degli oneri.

Il rapporto con la pubblica amministrazione non è buono e il nuovo codice degli appalti varato nel 2016 ha peggiorato la situazione. Secondo Confartigianato sta frenando l'avvio di nuovi cantieri, provoca il sovraffollamento delle gare e di fatto impedisce la partecipazione alle piccole imprese. La paralisi degli appalti pubblici non fa bene agli artigiani.

I tempi di pagamento della Pa restano altissimi. In compenso lo Stato è un esattore velocissimo. Come se non bastasse lo Stato sottrae liquidità anche con lo split payment, che obbliga la pubblica amministrazione a trattenere e versare direttamente all'erario l'Iva sulle fatture emesse dai propri fornitori. Il conto è salato per le imprese: più di 10 miliardi di euro sottratti ai bilanci aziendali.

Il numero di adempimenti fiscali è cresciuto. La Cgia di Mestre ne ha contati quasi 100. Soprattutto per le realtà produttive di piccola dimensione che intrattengono scambi commerciali con l'estero. Quelle, insomma, che andrebbero incoraggiate. Nel 2019 il numero di adempimenti fiscali crescerà.

Le leggi sul lavoro pesano meno, ma il decreto dignità ha reso più difficile il ricorso ai contratti a termine. Preziosi per le piccole imprese. Poi gli immobili. La patrimoniale del governo Monti ha colpito duramente anche gli artigiani. Il governo in carica ha alleggerito il conto con la cedolare secca per negozi e capannoni, ma tra il 2011 e il 2016 le imposte sugli immobili degli artigiani sono cresciute del 119,2%.

Difficile non chiudere in un ambiente così ostile.

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