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Tasse, il piano Berlusconi per lanciare l'aliquota unica

Il Cavaliere ottiene due obiettivi con la battaglia per la flat tax: placare i ribelli interni e costruire una piattaforma comune con la Lega Nord

Tasse, il piano Berlusconi per lanciare l'aliquota unica

Berlusconi si butta a capofitto sulle questioni economiche e torna alle origini. Sono giorni che a palazzo Grazioli entrano ed escono economisti ed esperti per inondare la sua scrivania con dati aggiornati sulla crisi. Ma uno tra i consiglieri più ascoltati è ancora lui, antico fiore all'occhiello del berlusconismo della prima ora: Antonio Martino. Già ministro degli Esteri (1994-1995) e della Difesa (2001-2006), l'anima liberale e liberista degli azzurri è da sempre un super tifoso della flat tax, ossia di un'imposta sui redditi con aliquota unica. Un vecchio cavallo di battaglia posto che già nel '94 il tandem Berlusconi-Martino aveva proposto lo scaglione unico al 33%, sdoppiandolo poi con un 23% per i redditi bassi. Allora non se ne fece nulla per colpa di alleati refrattari ma adesso la misura torna in auge visto che il principio cardine della ricetta è la seguente: abbassare le tasse produce un aumento del gettito perché non risulta più conveniente l'evasione fiscale. La proposta su cui sta lavorando il Cavaliere ha anche due effetti politici non indifferenti. Il primo è quello di placare l'anima critica interna guidata da Fitto e soci; i quali da tempo chiedono di rilanciare con forza le battaglie capaci di far presa sull'elettorato storico di Forza Italia. Il secondo è quello di costruire una piattaforma programmatica comune alla Lega che in questo momento ha il vento in poppa; infatti la flat tax piace al Carroccio e spesso lo stesso Salvini ha sventolato la bandiera dell'aliquota unica.

Il Cavaliere è talmente concentrato sul dossier economia che mette in secondo piano il dibattito - seppur fondamentale - sull'Italicum e la riforma del Senato: «Ora basta con queste cose - dice scocciato - Gli italiani non mangiano con la legge elettorale e le soglie di sbarramento. Per riguadagnare terreno dobbiamo saper dare risposte ai problemi giganteschi del Paese». Anche perché le notizie che lo colpiscono di più sono quelle degli ennesimi scontri di piazza: «La crisi economica si sta trasformando in crisi sociale». Certo le cosiddette «regole del gioco» sono fondamentali ma il Cavaliere lascia che siano Romani, Verdini e Letta a trattare con Renzi per trovare la quadra sull'Italicum che in queste ore entra nel vivo al Senato. D'altronde l'input è sempre lo stesso: sulle riforme ci dobbiamo stare e non saremo noi a stracciare il patto del Nazareno.

Questa è la linea a prescindere da tutto, anche dai malpancisti interni; ai quali l'ex premier si guarda bene di dare spago. Il comitato di presidenza del partito, infatti, viene rimandato. O meglio: non convocato perché nemmeno messo in agenda. Un po' perché la linea è già decisa; un po' per non dare a Fitto un'ulteriore ribalta o lasciare che trapeli l'immagine di un partito diviso. La partita con l'ex ministro pugliese tuttavia rimane aperta perché tra i due avrebbe dovuto esserci un ulteriore incontro chiarificatore che non ha ancora avuto luogo. Berlusconi lo aveva invitato a pranzo giovedì scorso; proprio il giorno in cui Fitto radunava i suoi per una kermesse in piazza di Pietra a Roma. Incontro rimandato. Sembra sine die.

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